Ho incrociato Giovanni Firpo per motivi di lavoro lo scorso anno, nel pieno della preparazione-presentazione di Arezzo Crowd Festival di cui lui è direttore artistico. Tra noi passa qualche anno, a voler essere buoni, ovviamente per quanto mi riguarda. La distanza generazionale, però, non è stata un ostacolo. Anzi. Il dialogo per tentare di capire la natura del Festival da lui ideato assieme a tante positive energie, è stato stimolante.
Firpo ha 33 anni e un curriculum rilevante relativo agli studi e alla formazione professionale perché poggia su evidenti e solide motivazioni. In caso contrario non avrebbe avuto la forza di fondare e presiedere Officine Montecristo, volitiva e competente associazione che produce cultura.
Tornando a bomba, proprio in relazione al rapporto tra generazioni, ha postato su Facebook una riflessione che ritengo interessante e, ringraziandolo per avercelo concesso, la propongo ai lettori di Vivo Umbria. Eccola.
di Giovanni Firpo
“Siamo in un periodo di forte critica verso il nostro passato recente. Abbiamo il sacrosanto diritto di contestare quelle scelte che le 2-3 generazioni precedenti a noi non si sono preoccupate di approfondire, o hanno sottovalutato facendo finta di non sapere che avrebbero avuto conseguenze di lunga durata a fronte di un guadagno immediato. Si è speculato sulle spalle del pianeta, ci siamo arricchiti sulla pancia gonfia di fame di qualcun altro. Adesso siamo arrabbiati, ci sentiamo presi in giro davanti agli avanzi del buffet della vita. ‘C’era scritto che bastava per tutti! Come sarebbe che non è avanzato niente? Non ci avete aspettato?’ diciamo ai nostri padri, e a chi ancora, con le tasche piene di polpettone, fa spallucce dicendo ‘Così è!’ perché non può rinfacciarci di averci dato una vita che noi non abbiamo chiesto.
E’ vero, non è un diritto, ma un dovere che i padri si prendano cura del presente e conservino l’avvenire dei figli, ma non facciamo che la nostra battaglia si cristallizzi nella critica a quello che non è stato fatto. Non rendiamo la rabbia l’unica giustificazione alla nostra infelicità.
Raccogliamo quel poco di buono che la nostra fortuna ci ha corrisposto e diventiamo vettori di futuro: trasformiamo la nostra rabbia in proposta, il nostro senso di solitudine in comunità, la nostra tristezza in un grande sorriso.
Abbiamo Noi, che è il più grande potere della terra. Mettiamo Noi non solo al centro dei programmi politici, ma al centro della nostra vita. Chi pensa a se stesso rimane il solo a preoccuparsi della propria felicità, ma se ciascuno di noi pensasse agli altri, ognuno avrebbe 7 miliardi di persone disposte ad occuparsi della propria crescita! Nulla è impossibile, nulla è irrealizzabile. Basta cambiare prospettiva. E occuparsi della felicità”.