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Gabbio: salviamo gli affreschi rinascimentali nella chiesa romanica di San Vincenzo

FERENTILLO – In occasione della ricorrenza della festa di San Vincenzo Martire che si terrà a Gabbio (dal celtico Agobio= luogo di incontro) il 25 del mese di gennaio, è da sottolineare e portare alla conoscenza la preziosità dell’edificio data dalla presenza, al suo interno, dei preziosissimi affreschi tutti rinascimentali che adornano sia il catino, l’ abside, il presbiterio e i tre altari laterali.

 

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L’attenzione maggiore è sicuramente verso i dipinti che adornano l’abside perché questi hanno un autore ossia Francesco da Lugnano che li realizzò verso la prima metà del XVI secolo. Il dipinto principale è  l’incoronazione della Vergine nel catino absidale con angeli osannanti, tra nuvole e teste cherubiche.

Un cartiglio portato da due angeli in volo reca la scritta: ASSVMTA EST MARIA IN CAELO. Ci troviamo di fronte ad una serie di dipinti, seppur nella loro semplicità, riescono a creare suggestioni e interesse da parte non solo dei fedeli ma anche del visitatore che avendo già ammirato i dipinti del Lippi  nell’ abside della Cattedrale di Spoleto, può comprendere il ripetersi della Sacra Rappresentazione, spesso ripetuta in vari edifici religiosi soprattutto in Valnerina. Infatti, anche a Gabbio,  l’Incoronazione della Vergine, si colloca in un contesto di tempo della prima metà del XVI secolo, pochi anni dopo a seguito della realizzazione Spoletina, come ad omaggiare o addirittura “sottomissione” alla città ducale, così fecero Tamagni e Giovanni da Spoleto a Santa Maria Assunta di Arrone o il Cesarei a Santa Maria di Caso (scuola dello Spagna) tanto per citarne alcuni. A Francesco da Lugnano, i massari di Gabbio commissionano di affrescare nel 1533 tutta l’abside della chiesa del castello, che terminerà nel 1535 con l’aggiunta della serie di Santi martiri (vicino alla tradizione contadina), tra i quali il titolare della chiesa. Un artista che in questa raffigurazione ripete fino all’ esasperazione il volo degli angeli osannanti, dai volti semplici che non si discostano nella somiglianza l’ uno dall’ altro; alcuni di essi a mani giunte, altri a mano conserte altri a mo’ di indicare la scena centrale. Le linee, i volumi il colore, in alcune parti abraso o rovinato dal tempo, non lascia dubbi sulla buona mano dell’ esecutore, riscontrabile nelle due figure principali, ossia l’ Onnipotente e la Vergine, al centro della scena, distaccata sul fondo azzurro tra bianche nuvole che si perdono nelle fluttuanti ali degli angeli. Della mano di Francesco da Lugnano l’ arcangelo che pesa le anime, e l’ Annunciazione. Nella dedica laterale sul pilastro di sinistra una scritta ormai illeggibile che recita i nomi dei committenti e l’esecutore dell’ opera. Dipinti che meritano un finanziamento per un eventuale intervento di restauro, aggiungiamo noi urgente, vista la peculiarità del luogo a forte valenza ambientale, metà di escursionisti e frequentatori di free climbing dato dalle falesie di arrampicata libera.

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