PERUGIA – Giovedì uscirà nelle sale “Il tempo che ci vuole” e 48 ore dopo la regista romana sarà al PostModernissimo di Perugia sabato 28 settembre alle ore 21. Francesca Comencini sarà in sala per parlare del suo lavoro presentato all’ultima Mostra di Venezia in Selezione Ufficiale. È previsto inoltre un incontro con il pubblico anche al cinema Metropolis di Umbertide, lo stesso giorno alle 18.
“Un film che avevo dentro di me da tutta la vita – ha raccontato la Comencini – che arriva ora perché, parafrasando il titolo, per raccontare una storia a me così vicina ho sempre pensato ci volesse un’esperienza professionale che mi facesse sentire abbastanza brava e pronta. Allo stesso tempo era necessario che fossi sufficientemente distante dagli eventi così da poterli elaborare lucidamente”. Con quest’opera la regista romana prende in mano la sua storia personale e il rapporto col padre, l’indimenticato Luigi, tessendo il racconto intimo di una famiglia borghese condannata a sublimare le proprie vicende personali nello specchio della settima arte. Tutto questo con sullo sfondo una stagione incandescente come quella degli anni di piombo, delle lotte politiche e delle rivoluzioni sociali. Un film che è un coro a due, un faccia a faccia mentre la vita avanza e le stagioni passano: il tempo segna e mostra il suo volto implacabile, eppure continua a battere, non ci perde e alla fine può salvarci. Nel cast tra gli altri Fabrizio Gifuni e Romana Maggiora Vergano, già eccellente interprete in “C’è ancora domani” di Paola Cortellesi.
SINOSSI
Un padre e sua figlia abitano le stanze dell’infanzia: l’infanzia di lei e l’infanzia magica del racconto di Pinocchio, il film al quale sta lavorando lui. Il padre racconta alla figlia del suo lavoro e la ascolta, la osserva, le parla con serietà, compostezza, rispetto, come si parlerebbe non a un’adulta ma a una persona intera sì, la persona che è una bambina. La bambina visita i set del padre, in cui pulsa la vita, il chiasso, l’umanità, il lavoro, l’affanno, l’infatuazione, la magia e il sudore. E lei si perde in quei mondi.
La figlia diventa una ragazza, l’incanto di quel limbo tra loro svanisce, la figlia lo sente, capisce che la rottura con l’infanzia è irreparabile. Lo capisce da come il padre la guarda. Pensa che non sarà mai alla sua altezza e precipita apposta per non esserlo davvero. La figlia si droga e continua a tornare a casa cercando di fare finta di niente. Il padre all’inizio è disarmato, poi prende posizione e decide che non farà finta di niente. Smaschera la figlia, si affaccia su quell’abisso, con poche parole e molta presenza la porta via con sé, a Parigi.
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