PERUGIA – Grandi nomi anche quest’anno alla X edizione della Festa della Scienza e della Filosofia, a Foligno, che si conclude domenica 25 aprile. Tantissimi gli argomenti affrontati, tra cui il lavoro e la pandemia: Domenico De Masi, sociologo italiano e professore emerito di Sociologia del lavoro presso l’Università “La Sapienza” di Roma ne ha parlato insieme a Marco Bentivogli, Piero Celli, Luca De Biase, Donata Francescato, Michel Martone, Riccardo Staglianò.
Le innovazioni dovute alla tecnologia e alla scienza hanno trasformato, in molti casi reso inutili, diversi lavori tradizionalmente svolti. Non solo quelli manuali e ripetitivi, ma anche molti di quelli legati alla creatività. La pandemia – sostengono i relatori – ci ha dimostrato che esistono bisogni, esigenze, aspettative che presuppongono nuovi modi di lavorare e nuovi lavori.
“Il primo marzo 2020 – afferma De Masi – erano 570mila i telelavoratori, il 10 marzo, a seguito dei decreti del presidente del Consiglio dei ministri, sono schizzati a 8 milioni. Questo ha costretto l’Italia e il mondo intero, dove si registrano 1,5 miliardi di persone in smart working, a una grande riconversione lavorativa. Delle dinamiche del lavoro e delle sue trasformazioni, si è compreso più in questi 12 mesi, che in tutti gli anni precedenti. Si è capito che il lavoro non è più prevalentemente operaio – oggi questa categoria è il 33 per cento dei lavoratori, percentuale destinata a ridursi ulteriormente con l’introduzione della robotica – ma intellettuale. Un lavoro, quest’ultimo che va organizzato, anche in modo diverso da come siamo abituati. I lavoratori in Italia sono 23 milioni, di questi, 16 milioni fanno un lavoro cognitivo: 6-7 milioni di loro potranno continuare a farlo in smart working, con grande vantaggio per la collettività. E la scuola è una delle cose che lo smart working ha salvato. Il lavoro da remoto ha salvato prima di tutto la salute, quindi l’economia, i servizi, l’ambiente. E’ stata la rivoluzione più positiva all’interno di un disastro mondiale come il Covid-19”.
A questa edizione, è protagonista anche la Divina Commedia, letta sotto una nuova luce, quella dell’astrofisico Sperello di Serego Alighieri che, insieme al giornalista e scrittore Piero Bianucci, ne ha evidenziato nuovi tratti.
“Sperello Di Serego Alighieri, discendente del poeta alla 19 generazione e astrofisico, ci parla – afferma Bianucci – di Dante sotto l’aspetto di un astronomo che sapeva anticipare il futuro. Nella Divina Commedia ci sono circa 40 riferimenti astronomici che portano a datare il viaggio di Dante nel 1301 e non nel 1300, sulla base della descrizione di Venere.
Una nuova lettura che propongo al pubblico, che non deve tuttavia danneggiare la poesia. Dante ha inserito queste nozioni dentro la sua poesia. Basti pensare che la parola occhi compare 260 volte, è un poema da leggere come se fosse un film”.
E a proposito di occhi, l’enigmistica “può farci vedere le cose che ci passano davanti agli occhi e che spesso – come ci spiega Giorgio Dendi, enigmista e divulgatore scientifico – non vediamo”.
Naighi