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Fabio Galeotti, maestro della luce, svela i segreti della sua fotografia pittorica

CITTA’ DI CASTELLO – Si chiama Fabio Galeotti (Città di Castello, 1968) l’artista che mercoledì 22 gennaio terrà l’incontro “La fotografia pittorica nello sguardo di Fabio Galeotti”, organizzato dal Centro Fotografico Tifernate. Una iniziativa che sarà introdotta dallo storico dell’arte Lorenzo Fiorucci che, a proposito dell’artista, ha dichiarato: “Fabio Galeotti ha un modo unico di sviscerare un quadro, svelandone le intimità più nascoste. Leggere le opere e animarle narrativamente dopo un intenso lavoro, quasi maniacale, di ricostruzione della scena. È questo l’approccio con cui lui si pone, poggiando lo sguardo su dettagli impercettibili prima di riproporre una visione filologicamente corretta di grandi opere ma narrativamente originale attraverso l’uso della videoarte e del teatro. Un metalinguaggio di suggestione e creatività difficilmente replicabile”.

 

Già, perché l’arte di Fabio Galeotti è prima di tutto un riportare alla realtà opere dei grandi maestri della pittura, come fossero scene realmente accadute, meticolosamente preparate con personaggi veri e scenografie attentamente studiate. Un’arte che è, prima di tutto, un’esperienza del reale e che abbiamo voluto approfondire con un focus dedicato. Ai microfoni di Vivo Umbria, l’artista ha potuto raccontarsi, descrivendo molto di sé e del suo lavoro.

 

 

Sei un artista ma anche uno studioso della luce: raccontaci un po’ della tua arte.

 

“Ok, molto volentieri. Diciamo che faccio essenzialmente videoarte. Dal punto di vista accademico, non ho svolto grandi studi artistici, sono partito dalla mia esperienza teatrale e dalla mia formazione illuminotecnica, dopo aver conseguito un Master in Estetica della luce mi sono appassionato a tutto ciò che riguarda l’uso della luce e il teatro. Nel 2000 parto ufficialmente e inizio a approfondire sempre di più questo tema. Dopo dieci anni, ho iniziato ad avvicinarmi alla videoarte.

 

Mi piace pensare che più che un video la mia produzione riguardi è un’immagine pittorica in movimento. Ricostruisco in tutto e per tutto quello che è l’ambientazione e prendo in prestito le scene di pittori famosi, che sia Caravaggio, uno dei miei preferiti, o Vermeer, un altro grandissimo maestro.

 

Non sono prettamente fotografo, anche se nelle mie riprese utilizzo una macchina fotografica; i video che produco però sono video statici – il che sembra un ossimoro (ma non lo è!) –  nel senso non ci sono movimenti di camera e quindi molto spesso preferisco una macchina fotografica utilizzata manualmente in modo da poter controllare tutte le impostazioni di cui ho bisogno”.

 

Come si lavora per ricreare un dipinto famoso in una scena reale?

 

“Quello che faccio è un lavoro di creazione scenografica molto minuzioso. Nei miei video non c’è nessun trucco, nessun fotomontaggio o uso di intelligenza artificiale. Provo a rendere ‘realissima’ un’opera utilizzando costumi, oggetti, attori e tutti elementi che sono reali, tangibili. Una volta individuato un dipinto che mi piace, ne studio la luce. Ad esempio, una delle prime opere che ho fatto è stata quella di Caravaggio, “La vocazione di San Matteo”:ovviamente mi sono riferito a lui perché più che mai ha a che fare con la luce e la utilizza per creare ambientazioni. Il lavoro ambisce ad un rallentamento dello sguardo: i movimenti, le espressioni cambiano gradatamente tanto da permettere allo spettatore di costruire un pensiero d’incontro con l’immagine pittorica in movimento.

 

Utilizzo procedimenti di costruzioni geometriche per fare la restituzione prospettica del bozzetto, che in questo caso è il dipinto vero del pittore e analizzo le posture dei personaggi per poi ritrasmetterle agli attori nella scena reale. Nelle mie opere, io immagino che cosa avrebbero fatto quei personaggi alcuni minuti prima che il pittore li ‘fermasse’ e possibilmente provo a proseguire ‘la storia’ pensando al lato gestuale degli attori e anche a quello teatrale”.

 

 

Quali sono gli artisti che ti ispirano di più?

 

Sicuramente Caravaggio, Vermeer e Hopper sono tra i miei preferiti perché sono tra coloro che hanno studiato di più la luce nei loro dipinti.

 

Come reagisce il pubblico ad un video ‘statico’?

 

“In generale, il pubblico il più delle volte si aspetta un video in movimento, invece nel mio caso, occorre prendersi del tempo e avere pazienza. È proprio questo il bello: abituati ad avere costantemente video in movimento, con numerosi cambi di scena, abituarsi a osservare un’immagine statica in un tempo dilatato non è da tutti e impone di osservare e ricercare dettagli, tutto nel tempo giusto. Sono rimasto affascinato di come si può narrare una storia con trenta o quaranta secondi di ripresa. Una delle mie ultime opere è installata a Palazzo Ducale di Gubbio, un’opera che ti guarda per un po’ di secondi e che riassume molto del mio lavoro. Di fronte ad una mia opera, il 95% delle persone si sofferma a guardare, poi dopo c’è anche un 5% che muove delle critiche ma critiche costruttive. Secondo me l’ostacolo maggiore è quello di ‘darsi il tempo’ per osservare e analizzare la scena che si ha davanti”.

 

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