PERUGIA – Il 6 febbraio scorso a Kingston, Giamaica, è stato festeggiato l’anniversario della nascita di Bob Marley, il profeta, il veggente, il musicista, il poeta che irruppe sulle scene mondiali per ispirare, alimentare, arricchire il flusso di coscienza degli uomini. Con la musica soprattutto, ma anche con l’ideale di riunire nella terra promessa, l’Etiopia, e il continente africano tutti i discendenti degli schiavi che soffrirono il dominio dei bianchi. Un sogno di riscatto che va oltre il Cristianesimo per adottare paradigmi propri nati da un sincretismo identitario che identifica in Re Salomone il capostipite di una linea di discendenza sino a Hailé Selassié, l’imperatore d’Etiopia. Ma, al di là degli ideali e delle religioni come il Rastafaresimo, quel che qui è interessante sottolineare, come, e forse con più evidenza, la musica ha rappresentato e rappresenta tutt’oggi la migliore modalità di comunicazione, l’arte e il relativo sostrato culturale che i neri hanno adottato per esprimere tratti identitari e sogni, ideali e itinerari tracciati sulla via del riscatto sociale e culturale. Un riscatto che è passato soprattutto dalla liberazione dell’oppressione bianca e che si è sviluppato in ideali di cui il mondo ha forse appena assaporato solo gli aspetti più esotici, legati a terre lontane e piccole isole sperdute (la Giamaica è pressoché grande come l’Umbria), ma che hanno avuto il potere di una rivoluzione dolce e della formazione di nuove consapevolezze attorno ai prepoteri dell’uomo sull’uomo, ai colonialismi, alle invasioni e alle peggiori forme di schiavismo, di sottomissione di genti e culture diverse. E se tra gli anni Sessanta e Settanta negli Stati Uniti le Black Panthers di Malcom X alimentarono rivolte e la riscoperta delle lontane radici africane dei neri d’America, ispirando in musica e soprattutto nel jazz rivoluzioni estetiche che rivisitavano i paradigmi della musica in inni alla libertà con il free jazz, è ancora più interessante notare che qualche anno prima, nell’isola caraibica, si stava formando grazie soprattutto a Bob Marley, un flusso di pensiero che dalla musica e dal tempo in levare che pulsa come un battito cardiaco, è arrivato sino a noi. Marley che si fa portavoce di Marcus Garvey, autorevole “pensatore” rasta e figura chiave di tutta la cultura afroamericana del riscatto, un teorico che passò in breve ai fatti in base ai propri ideali che si andavano diffondendo in Trench Town, la zona malfamata di Kingston, dove Marley viveva insieme a sua madre Cedella Booker e il padre inglese Narval Marvel, capitano dell’esercito britannico delle Indie Occidentali. Bob nasce in questo clima culturale, con un netto rifiuto nei confronti del padre bianco, bambino sensibilissimo che in breve si costruisce una certa fama di veggente leggendo la mano dei clienti e che di se stesso disse un giorno che sarebbe diventato un cantante. Garvey ebbe un’influenza fondamentale su di lui, un’influenza nata anche da un pragmatico senso del fare che nel Mosé nero ispirò la fondazione dell’Unia (la Universal Negro Improvement association) e la Black Star Line, la compagnia di navigazione che avrebbe dovuto riportare gli ex schiavi in Africa, la Terra Promessa, e che in Bob Marley si tradusse presto in un’ idea nuova di musica, nata dalla contaminazione dello Ska in Reggae con la creazione del leggendari Wailers che immisero temi sociali e spirituali nelle loro canzoni e che cominciarono ad essere oggetto di attenzione ben oltre i confini della Giamaica. Anche Eric Clapton si accorse di Marley e successi come I Shot The Sheriff furono ripresi direttamente dalla vena creativa dell’astro nascente. Il resto è la storia di un talento che prefigurò quella che in seguito si rivelò come una brevissima traiettoria di vita, come un profeta in musica che lasciò al mondo messaggi di tolleranza e pace. Quel che rimane di quella irripetibile stagione sono canzoni di lotta pacifica e di amore come Stir It Up, No Woman No Cry, One Love, Redmption Song, Is This Love, Could You Be Loved e, naturalmente, Jamming, la canzone che pulsa forse più di ogni altra e che rimane emblema del miglior reggae giamaicano. Il 6 febbraio si sono celebrati i 76 anni della nascita di Bob Marley e in questo 2021, precisamente l’11 maggio, si ricorderanno i 40 anni della sua scomparsa avvenuta in un ospedale di Miami per le conseguenze nefaste di un cancro. Una morte piombata su Marley a spezzare la vita del profeta del reggae.