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Enrico Vanzina: “La mia sceneggiatura preferita? Sapore di mare, nessuno ci credeva”

CASTIGLIONE DEL LAGO – Oltre cento sceneggiature. La prima “Luna di miele in tre” nel 1976. Nello stesso anno, tanto per capirci, scrive “Febbre da cavallo” con tutto quello che ne consegue. Un sodalizio con il fratello Carlo tra i più saldi e prolifici che la storia del cinema italiano abbia mai conosciuto, Enrico Vanzina sarà oggi, 10 giugno, a Castiglione Cinema in piazza Mazzini alle 19,30 per la sezione “Dentro questo tempo”. Presenterà il suo libro “Diario Diurno” e parlerà di molto altro.
Cos’è c’è dentro questo Diario?

“Dal momento che sto diventando sempre più giovane, ho fatto quello che solitamente si fa a 14 anni. Apparentemente ci dovrei essere io nel diario ma detesto profondamente le autobiografie. In realtà avevo iniziato a scrivere per lavoro un articolo di giornale e mi sono accorto che stavo facendo un ritratto, mi permetto di dirlo, libero, dell’Italia. Così è venuto fuori questo testo che non è un romanzo, non è un film, ma il racconto degli italiani. Cosa che peraltro ho fatto da sempre”.
Fino a che punto è cambiato il pubblico e come dovrebbe cambiare il cinema per comprenderlo?
“Il pubblico è il terminale di quello che facciamo noi e si indigna, sogna, immagina, come sempre ha fatto. E’ cambiato dal punto di vista anagrafico. Abbiamo creato le multisala per attrarre i giovani ma lì ci va chi è abituato alla fruizione tradizionale dei film. A parte il bimbo che va a vedere le pellicole d’animazione, lo spettatore dai 12 ai 30 anni lo abbiamo perso definitivamente. Ed è una tragedia”.
C’è un modo per recuperarlo?
“Ogni generazione ha avuto i suoi piccoli o grandi portabandiera: autori impegnati, comici o di intrattenimento rappresentavano la loro generazione, appunto. Siccome i giovani non vanno più al cinema che per loro è una quarta scelta, non sono interessati a farlo e non posso mettermici io alla mia età”.
Le piattaforme hanno qualche responsabilità a riguardo?
“La crisi del cinema esisteva già prima del Covid che gli ha dato la mazzata finale visto che non potendo uscire, con 10 euro d’abbonamento, ti vedevi quello che volevi. Credo che alla fine ci sarà una saturazione del mercato e della stessa fruizione legata a un elettrodomestico, la tv, che isola. La serialità lascerà invece un segno perché ha cambiato i modi di tessere la narrazione. Per il resto con le piattaforme ci lavoro, hanno dato una grossa mano a un’industria in crisi e poi rifiutare i cambiamenti tecnologici è sempre uno sbaglio anche se la globalità, indubbiamente, rischia di far perdere l’identità nazionale dei messaggi e della scrittura”.
La sceneggiatura a cui è più affezionato?
“Sapore di mare. Ci credevano in pochi e invece…”.
Per lei è la prima volta a Castiglione Cinema…
“Premesso che sono contro una impostazione politica o confessionale del modo di fare e leggere il cinema, a me piace parlarne in maniera seria.
E questa rassegna, da quello che so, lo fa”.

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