PERUGIA – Un pubblico estremamente limitato (47 posti a causa del distanziamento), ha potuto assistere ieri sera, 2 ottobre, all’esibizione dell’Emmet Cohen Trio, il primo concerto della stagione del Jazz club Perugia, sempre sotto l’egida di Umbria Jazz.
Il patron Carlo Pagnotta, introducendo l’esibizione ha sottolineato con orgoglio come si trattasse della prima tournee di un’artista americano dopo la pandemia (il suo giro in Italia era iniziato giovedì sera alla Cantina Bentivoglio di Bologna e, dopo una piccolo puntata in Austria, proseguirà con concerti ad Ancona e Milano), ed è certamente un segno tangibile che si cerca in qualche maniera di tornare alla normalità, ammesso che la situazione lo consenta.
Lo stesso Pagnotta ha poi comunicato che, sempre se sussisteranno le condizioni, ai sette concerti già in programma potrebbero esserne aggiunti anche altri; speriamo che ciò possa essere possibile.
Il giovane pianista americano ha partecipato ad importanti festival quali Monterey, Newport, North Sea, Bern, Edimburgo, New Orleans ed ha suonato nei jazz club più famosi, dal Birdland al londinese Ronnie Scott’s; suona l’Hammond B-3 come organista residente in una jazz club di Harlem ed è anche il pianista del trio di Christian McBride “Tip City.”
Cohen per l’edizione di UJ ’20, poi annullata, era stato ingaggiato per accompagnare la cantante Veronica Swift (tra le più belle novità di UJ ’18, con una residency proprio all’hotel Brufani), in una serata all’Arena Santa Giuliana dove avrebbe dovuto esibirsi anche l’orchestra di Wynton Marsalis.
Il concerto del trio è stato molto gradevole; Cohen era accompagnato da due ottimi elementi quali il batterista Kyle Poole.
Bravo anche se molto giovane e con alle spalle collaborazioni molto importanti quali quelle con Cécile McLorin Salvant, Peter Bernstein e George Cables, ed il contrabbassista giapponese Yasushi Nakamura.
L’artista vanta presenze nei lavori di musicista come Dave Douglas, Wayne Tucker, Clarence Penn, Chihiro Yamanaka, Christian Sands e moltissimi altri.
Il repertorio eseguito ha spaziato da composizioni originali ad interpretazioni di brani di Thelonious Monk (52nd street theme e Blue Monk), e di un medley di Cedar Walton. Non è mancato il riferimento alla musica italiana. Difatti il pianista, destreggiandosi tra inglese ed italiano ha raccontato come durante un precedente giro nel nostro paese, partecipando ad un festival jazz a Capri si sia innamorato di un brano in particolare di Peppino Di Capri; il titolo in oggetto è Nun è peccato e Cohen ne ha offerto la sua personale interpretazione.
L’atmosfera che si è respirata (anche a causa dell’obbligo di tenere la mascherina pure da seduti), non è stata forse il massimo ma in compenso si è avuta la possibilità di ascoltare dell’ottima musica durante un concerto che ha contribuito a farci dimenticare parte delle difficoltà contingenti.
La foto di Emmet Cohen al piano è di Enrico Tomassini