PERUGIA – Quando le notti di Umbria Jazz si ammantavano della magia del jazz, l’indiscussa protagonista dell’avanguardia newyorkese Carla Bley contribuì a rendere più chiare le idee del pubblico su quanto la musica potesse sorpassare ogni confine, culturale, stilistico, storico. Nonostante Carlo Pagnotta si dichiarasse fedele ai canoni del mainstream non poté fare a meno di riconoscere che quella musica era quanto di più innovativo e interessante fosse scaturito dal jazz dell’ultimo decennio. Lei, Carla Bley, ha terminato la sua lunga avventura nella ricerca dei nuovi codici dell’avanguardia l’altra sera. Aveva 87 anni e da tempo era malata di un cancro al cervello. A 21 anni si sposò con il pianista jazz Paul Bley, che aveva conosciuto al Birdland di New York, dove si era trasferita giovanissima, del quale terrà il cognome anche dopo il divorzio e per il quale scrisse diverse composizioni. Tra i più bei ricordi che Carla Blay ha lasciato – anche e soprattutto al pubblico di Umbria Jazz – il live nell’ambito degli indimenticabili i concerti al San Francesco al prato del 1996. Lì Carla Bley diede vita a “The Carla Bley Big Band Goes to Church”, uno dei dischi live più emozionanti di sempre.