PERUGIA – Forse, come afferma, è vero che non aspettava altro che la giusta opportunità, ma il riferimento all’attesa, alla pazienza, al tessere la tela come una dolce Penelope, è soltanto uno degli aspetti della sua personalità che, nel corso degli anni, ha probabilmente completato il grande lavoro introspettivo cui ogni attore è chiamato per portare a termine l’impegnativo compito di individuazione su ogni carattere, sulle sfaccettature di ogni psiche, per rendere al pubblico quel caleidoscopico e molteplice affastellato dei tratti salienti di un personaggio. Meglio ancora se il personaggio che si è chiamati a interpretare è una diva. Attesa, dunque, per maturare e sentirsi pronti ad avventurarsi là dove non si era mai osato. Monica Bellucci in una intervista rilasciata a La Repubblica, attribuisce all’attesa una peculiarità tipica del femminile, un imprinting biologico che differenzia il sesso femminile dal maschile più proteso verso il risultato immediato. Chissà, forse l’attesa che stiamo vivendo collettivamente possiede in sé anche un aspetto femminile che potrebbe essere il compendio di quel percorso sul quale era avviata l’umanità nella valorizzazione delle qualità femminili cominciata con il riconoscimento alle donne del diritto di voto e culminata in una piena affermazione, anche se, almeno per ora in Italia, solo in teoria, delle pari opportunità e del superamento delle differenze di genere. Ma, oltre all’attesa, per Monica Bellucci, è forse arrivato il momento di mostrare al mondo le proprie qualità attoriali maturate nel corso di oltre trenta anni di cinema. Tanto che – al di là di una timidezza innata che comunque dice di non aver mai superato – è pronta a cimentarsi nel teatro con un personaggio tanto impegnativo quanto ricolmo di genio e di passionalità come Maria Callas, la diva che tutt’oggi rappresenta l’apice del belcanto. Una diva che ha sofferto sino in fondo le sue vicende di vita, comprese quelle sentimentali, che nell’immaginario collettivo ha conquistato un posto d’onore perché si è veri divi quanto più si è in grado di essere empatici. Divini e umani allo stesso tempo. L’occasione si è presentata a Monica Bellucci nelle sembianze del regista e biografo trentatreenne Tom Volf che le ha fornito i testi perché infine ne nascesse un lavoro con estratti d’opera alternati alla voce dell’attrice in scena a Parigi al Petit Marigny, e poi al Théâtre des Bouffes-Parisiens. “Un’esperienza profonda- dichiara Monica Bellucci – ripagata dal calore del pubblico, spingendo sulle corde d’una persona dotata di emotività forte al di là del genio lirico: sulla dualità di Maria e Callas, donna e soprano”. E a proposito di dualismo e della capacità di calarsi in ruoli dalle caratteristiche opposte – come ricorda Repubblica – c’è da sottolineare che la mediterranea Bellucci è reduce dall’interpretazione di un’altra diva, anche lei icona degli anni Sessanta, svedese e biondissima, Anita Ekberg, nel film “The Girl in the Fountain”. Una sorta di alter ego della Callas, legato all’immaginario della Dolce Vita romana e lontanissimo dal pathos e dalla passionalità della grande soprano. A Parigi, tra gli spettatori di “Maria Callas: lettere e memorie”, c’era anche Giorgio Ferrara “che m’ha invitata e programmata – sottolinea l’attrice – al Festival di Spoleto, con date che ora non so se confermate o rinviate (sospese per ora, n.d.a.). Nel frattempo questa Callas è richiesta anche a Londra, in Russia, in Grecia, a New York. Per me è una rivelazione, un regalo, un’altra soglia per conoscermi e comunicare”.