TERNI – E di sostanza sferzante è una mostra densa, intensa e che fa molto riflettere. Dopo Narni, Massa Marittima (GR), Rieti e Torreorsina, il lavoro dei due fotografi Laura Priami e Simone Vannelli, è approdato al Museo Hydra della Cascata delle Marmore per la sua quinta tappa, che non sarà l’ultima. La curatela, doppia come il lavoro che raccoglie, è di Franco Profili e Isabella Cruciani che hanno saputo scavare in queste opere dall’alto valore evocativo.
Il punto di partenza del lavoro sono i luoghi, un tempo produttivi, oggi abbandonati che rientrano in quel lungo filone noto come archeologia industriale e che rappresenta una delle questioni più fittamente simboliche della società postmoderna. Che fine fanno quei luoghi, quegli oggetti e quelle storie, una volta dichiarati non più funzionali alla produzione di ricchezza? Molti – la maggior parte – marciscono, abbandonati dentro l’oblio dello sguardo, “simboli della stupidità umana” scrive Profili, che mostrano tutta l’incapacità di fare i conti con la storia e la memoria.
Alcuni, come tutte le location, non casuali, che hanno ospitato la mostra prima di quest’ultima tappa – il Beata Lucia a Narni, il Museo della Miniera a Massa Marittima, la Galleria “Le Stelle” a Rieti e l’ex Chiesa di Sant’Antonio a Torreorsina – vengono con cura recuperati e ricompresi, con nuove funzionalità, nella vita attuale con scopi rigenerati anch’essi.
Il lavoro dei due fotografi, nato da un’amicizia e diventato sodalizio artistico, si è concentrato su alcuni siti produttivi dismessi, tra Umbria e Toscana. Luoghi di cui non sono stati divulgati i nomi, così come nessuna delle foto esposte riporta il nome dell’una o dell’altro. Una scelta stilistica che vuole rinunciare alla definizione in favore di un’immediatezza e di un’armonia che preferiscono fare a meno delle puntualizzazioni. “Un lavoro istintivo” rimarca la fotografa Laura Priami “che si è svolto all’insegna del rispetto” e dove non sono mancate le sorprese.
Ogni foto esposta, in un intenso bianco e nero, mostra visioni, dettagli, oggetti abbandonati che popolano quei luoghi ignoti e vietati al pubblico su cui si addensano memorie e che pongono inevitabili domande. In un fitto scambio con l’osservatore, che amplifica quei quesiti e che, in risposta, non può far altro che lasciarsi risucchiare dentro al flusso visivo. “Una atemporalità” scrive Cruciani “in cui passato e presente si fondono” che parte “da oggetti e luoghi apparentemente finiti, privi di vita, abbandonati, ignorati.”
In esposizione, anche un piccolo tesoro fatto di fogli compilati a mano, bulloni, vecchi guanti: oggetti dimenticati, a corollario del folto quadro dell’archeologia industriale, che sono andati a comporre un’installazione. Si tratta ormai di reliquie dove si è cristallizzato un tanto agognato progresso che ora appare polveroso e consunto come quel mondo un tempo in ascesa e oggi inghiottito. Un viaggio a ritroso, con l’intenzione di “provare a organizzare il presente e guardare al futuro” sottolinea Profili. Una sfida per trovare la vita dentro agli oggetti inanimati, là dove un tempo pulsava forte il cuore dell’industria italiana.
La mostra al museo Hydra resta aperta e visitabile fino a domenica 2 ottobre. In questo museo, che è un’eccellenza del territorio tutta da scoprire, l’accordo della fotografia con l’allestimento museale particolarmente innovativo, anche grazie all’uso della realtà aumentata, sembra aver trovato una declinazione molto felice. Le prossime tappe di E di sostanza sferzante saranno a Bassano in Teverina (VT) e Deruta (PG).