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Diventano un libro gli irriverenti sonetti in romanesco di “Un anno inVerso” di Gianluca Brundo

Oggi, 3 agosto, alle ore 19 alla Rocca medievale Gianluca Brundo presenta il suo ultimo libro “Un anno inVerso“. L’editore è Bertoni. Con l’autore ci saranno anche Christian Marazziti e il sindaco della città Matteo Burico.

Ne parliamo in questa intervista iniziando da un “assaggio” come fosse un vino buono. Di quelli che meritano palati predisposti ad assaporare, scoprire, determinare aromi e sapori. Il sonetto che sostanzia questa degustazione letteraria, si intitola: “A dumilaventi…”

‘Sto dumilaventi

Me li sta a portà tutti via

E sì che ce bastava la pandemia

Nun ce rimane che serrà li denti.

Tutti quelli che

m’hanno fatto sognà

E Giggi, e Sean, e Diego

I più grandi, nun so se

me spiego,

e dice che tocca pure aspettà.

Aspettà de vedé c’artro succede

Capirai, stanno tutti a sparì,

Che già così nun ce posso crede,

Tutti gli eroi che me facevano sentì sgargiulo

Perciò, de core, te lo vojo

proprio dì

A dumilaventi, ma vattela a pija ‘nder culo!”.

Diciamo che la forma la dice lunga sulle eredità orgogliosamente romanesche e le ispirazioni letterarie che vanno dal Belli a Pascarella fino a Trilussa. Il taglio è quello di un umorismo insinuante, talvolta amaro, raffinato soprattutto quando è chiamato in causa a connotare una visione non “politicamente corretta” delle cose. L’universo indagato è quello stimolato dalla cronaca pandemica, il riferimento più ampio è invece quello dell’umana gente. Da tutto ciò, lo stimolo, come detto, a questa intervista.

Lei è un regista e attore di teatro. Questo sembra un libro che nasce dalla voglia di recitare e dall’assenza di palco. Impressione sbagliata?

“Proprio così. Vero. E lo dico nlla mia lingua, in romanesco perché è così che la battuta mi viene spontanea. E’ un dialetto che ho dentro, che naviga, ribolle nonostante il mio lungo vissuto a Firenze e ora in Umbria”.

La scelta del sonetto?

“Mi appartiene anch’esso, l’ho sempre praticato perché ci vedo l’anima”.

Potrebbe essere l’idea per un prossimo spettacolo?

“Il progetto c’è. La strada è aperta”.

I primi sonetti sono apparsi prima sui suoi profili social. Sono nati per quel contesto?

“Li ho inseriti nei social perché occorre comprendere i canali della comunicazione attuali, ma c’erano già prima”.

Cronologicamente mi pare di poter dire che stiamo dentro il 2020 e la pandemia. Il bersaglio vero?

“L’appiattimento culturale”.

Chi lo provoca?

“Il nostro Paese è morto per quanto riguarda l’ideologia. Si bada al consenso e al denaro che da esso ne può derivare. Contano i numeri e non le parole che posseggono i contenuti. Ecco che tornano i social, ecco il conteggio del follower sul singolo profilo”.

Che però vanno e vengono.

“Molti, purtroppo, restano e da fin troppo tempo. I nomi? La lista è davvero lunga”.

Politici compresi?

“Non morirò mai politicamente corretto”.

Dove pensa, pertanto, di continuare a trovare lavoro?

“A casa mia. Nel posto più libero del mondo”.

Il messaggio-sonetto più sottile che ci consiglierebbe di leggere?

“Quello che può indurre a guardare e indagare la forma delle nuvole. La dedica del libro è proprio rivolta a quelli che hanno ancora voglia di farlo perché è un percorso non omologabile”.

Il libro ha una necessità di stampa e una data entro cui consegnare i testi. E’ rimasto fuori qualcosa o qualcuno?

“Fracci e Carrà. Altri due grandi tra quelli che purtroppo stanno scomparendo, un omaggio a un’epoca che è finita. E dopo di loro non vedo molti altri eredi, non vedo molti altri al loro pari. Capaci di resistere”.

Resistere. Resistenza, piuttosto che il termine che va per la maggiore: resilienza. Personalmente apprezzo la scelta.

“Il vocabolario e le definizioni esatte delle cose sono importanti. Lo stiamo riscrivendo con risultati non proprio certi. Anche nelle cose più banali”.

Ad esempio?

“Avvocato o avvocatessa? Mettiamoci una ‘u’ finale e così siamo tutti contenti”.

Lei è l’ideatore del festival Ars Contemporanea che si svolge in Umbria, a Castiglione del Lago, comune peraltro nel quale ha deciso di vivere. Tornerà a proporlo?

“Ha notato l’assembramento estivo? Mi pare che ci sia ovunque e così, pandemia permettendo, Ars Contemporanea 2021 lo faremo a dicembre all’interno di spazi adeguati come Palazzo della Corgna e il cinema di Castiglione del Lago che riapre. Ars Contemporanea è un qualcosa di diverso, del resto, particolare. Lo definirei un sogno che in quanto tale ha sue proprie esigenze”.

E d’inverno si sente il desiderio del focolare.

“L’intimità è una bella cosa. Specialmente ora”.

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