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Diletta Cappannini a Perugia presenta il suo nuovo libro di poesie “Dio profuma di glicine”

PERUGIADiletta Cappannini, scrittrice e attrice perugina stabilmente di casa a Roma per motivi di lavoro, tornerà nella sua città per presentare sabato 19 ottobre alle ore 17,30 il suo ultimo libro, stavolta di poesie, “Dio profuma di glicine” all’Etruscan Chocohotel di Perugia. Dialogheranno con lei Bruno Mohorovich, Luca Mikolajczak e Jean Luc Bertoni. Ci sarà anche un accompagnamento musicale a cura di Silvio Cerri.

Significativo per comprendere la natura di questo ultimo “pensiero creativo” di Diletta Cappannini, quanto in premessa al testo scrive proprio Bruno Mohorovich che spiega come le poesie facciano riferimento a un tempo che va dai 20 agli attuali 25 anni dell’autrice e di come siano “espressione di questo mutamento che le consente di vedere scenari che forse prima neanche immaginava, offrendole l’opportunità di vivere con eccitazione ed entusiasmo il ricominciare la sua nuova vita.

Le parole dei suoi versi – prosegue Mohorovichdipanano le sue complessità e divengono linfa per la (e della) sua immaginazione e consapevolezza (“Ciò che ho imparato / in venticinque anni: / la vita è merda e sangue…”) non per questo non abbandonandosi a ricordi velati di dolore, che siano questi legati all’affezionato animale (“E a te / dedico / quest’ultima rosa d’inverno / ora che sei avvolto / in un telo…”) o a lancinante attesa (“Ti vedo e ti aspetto / davanti al mio camino.”). Poesie in cui esprime il suo esserci, il suo volere, il suo dire io sono questo (“Senza l’anima / siamo solo corpi / che arrivano / e non vanno più / da nessuna parte”), rinnovandosi ogni volta, perché lei è le cose che ama, le cose che fa, non quello che ha (“Indico una sola traiettoria, / quella che mi ha incisa,…”) Vagando alla scoperta di spazi sconosciuti che deve fare suoi e tali divenire, e che dipinge con colori ora vibranti ora smorzati e tenui, ri – scopre se stessa (“Io ho trovato / qualcosa /per cui vale la pena / vivere”) all’ombra di una veranda di glicine; lo respira, lo assorbe, dialoga col suo profumo. Oasi di momentaneo sollievo, giacché il fiore, simbolo dello sviluppo della coscienza umana, le consente d’innalzarsi spiritualmente, di ricercare quella congiunzione / connessione col Divino che la riconcilia con un cambiamento che non è più spaesamento; quel glicine che prospera e che si appoggia delicatamente in lei, induce ad un ritorno, a ripercorrere passi antichi e al contempo nuovi senza paura; un ristorante ritorno che completa e nulla tralascia, dettando nuove energie e vitalità. Diletta non conosce frontiere, tutt’altro: lei sa “perfettamente dove defluirà”; verso la sua nuova ri – nascita e… (faccio miei alcuni suoi versi) andrà verso quel suo dolce mare che pensava essere solo un fiume”.

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