Alfonsina Storni, emigrante di lontane origini italiane dal Canton Ticino in Argentina alla fine dell’ottocento, è stata una scrittrice e poetessa simbolo dell’emancipazione femminile. Professò idee socialiste contrapponendosi ai pregiudizi e alla morale del suo tempo: donna moderna, ragazza-madre e femminista ante litteram, fu vicina ai bisogni del suo popolo, conquistando gli ambienti intellettuali e culturali di Buenos Aires nel pieno della sua massima vivacità.
Il fascino struggente e magnetico della sua melodia ha fatto sì che cantanti e musicisti di tutto il mondo abbiano scelto di includerla nel proprio repertorio: la prima a farlo, alla fine degli anni sessanta, fu Mercedes Sosa, la grande cantante argentina assurta a simbolo della lotta contro la dittatura ma, successivamente, decine e decine di artisti hanno seguito la stessa ispirazione dando vita ad interpretazioni tra loro molto diverse ma ugualmente stimolanti: tenori come Placido Domingo e José Carreras, la stella del pop latino Shakira, gli italiani Eugenio Bennato e Antonella Ruggiero, la cantante greca Nana Mouskouri, i jazzisti Giovanni Mirabassi, Alberto Borsari, Michel Camillo, Paquito d’Rivera, il cantante flamenco Diego El Cigala (che ne ha tratto un adattamento in chiave tango assolutamente memorabile) per fare solo qualche nome, tra i tanti.
E’ quanto meno sorprendente osservare come un numero così ampio e variegato di artisti siano rimasti conquistati dalle note di questa “zamba” argentina e dai suoi versi immortali che raccontano della solitudine e della disperazione di Alfonsina la quale, secondo la narrazione poetica del testo, spenge per sempre la propria voce addormentandosi cullata dal canto delle conchiglie marine. Il fascino dell’artista maledetto, incarnato nel corpo esile e gravemente malato di una giovane donna che sceglie di morire in un modo così tragico pubblicando su un quotidiano, all’indomani del gesto estremo, l’ultima struggente poesia, ne ha inevitabilmente alimentato la leggenda.