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Dall’Isola dei Pescatori le opere di Andrea Ruffoni ci raccontano il nostro futuro

L'Isola dei Pescatori e l'artista Andrea Ruffoni

E’ materica la sua arte. I quadri sono tridimensionali, spesso in essi si scorgono bulloni, maniglie di porte, serrature, bicchieri, chiodi, attrezzi di giardinaggio, candelabri. Le sculture in legno rappresentano mostri marini, forme contorte e plastiche, dipinte di scuro, articolate come se fluttuassero nell’aria. Le sculture di gesso sembrano venire da una realtà ultraterrena, sicuramente non naturale, non reale. A volte si incontrano delle colonne, come degli alberi, con le estremità rigogliose ma fatte di corde di nylon accarezzate dal fuoco. La base di una macchina da cucire è il piedistallo di un volto di bambino trafitto da oggetti, forse frutto di troppi pensieri, di esperienze che verranno, di infanzie spezzate dall’età adulta. Uomini e donne, busti di persone fatte con anime di ferro vengono poi ricoperte di plastiche, fuse con la fiamma ossidrica, spesso trovate sulle rive dell’Isola dei Pescatori, nella “buzza” dicono gli abitanti del posto, per creare figure che ci riportano alla visione particolarmente singolare dell’artista Andrea Ruffoni. Nato nel 1925, dopo aver viaggiato in Europa per studiare, approfondire le sue conoscenze sulle tendenze artistiche internazionali, rientra sul finire degli anni ’70 nella sua terra natale e decide di convertire la sua dimora in un museo, ora aperto al pubblico, sull’Isola Superiore dei Pescatori. Nella stradina accanto vi è anche lo studio in cui l’artista era solito ritirarsi per creare le sue opere, molte sono rimaste lì, nel piano superiore, alcune incompiute, come se attendessero il ritorno dell’artista per essere esposte, per venire finalmente alla luce. In un vicolo vicino è celato un giardino segreto, luogo di meditazione, che dava all’artista un panorama straordinario facendo posare lo sguardo sulla parte est del territorio.

Entrando nella casa/museo di Andrea Ruffoni si coglie subito il senso del suo genio artistico: è l’uomo che crea il proprio futuro, la natura è nelle sue mani. Come a voler anticipare i tempi, l’artista viene a mancare nel 1990, la plastificazione degli oggetti, il ricoprirli di un pigmento scuro fatto di metalli e carbone, il sigillare forme e figure con espressioni serie e riflessive, è il cuore del suo operato creativo, stimolo per noi che abbiamo il privilegio di poter osservare il patrimonio lasciato. “Faccio pittura, faccio scultura; che senta il bisogno di esprimermi, di voler dire qualcosa ai miei simili è diventato una necessità, che ci riesca anche forse per un solo essere sarà per me un premio” scriveva l’artista Andrea Ruffoni, proseguendo così: “non si riconosce più la povera semplicità di un paese in cui penombra e luce piccola donano quella malinconia misteriosa che era così cara ai poeti”. E come vera arte, le opere esposte dicono la verità, creano uno spaccato spazio-temporale portandoci ad analizzare quanto dannoso possa essere lo sfruttamento improprio di risorse ambientali e l’utilizzo di intrusioni visive e uditive altamente inquinanti. Ritornare al rispetto del cosmo, dunque, alla contemplazione della natura, del silenzio e della bellezza che ci circonda è un consiglio che l’artista lascia come preziosa eredità.

 
 

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