PERUGIA – Dalla progettualità di Umbria Jazz, ormai consolidata in 47 anni di storia, nasce Jip, Jazz Italian Platform, un’associazione che riunisce otto organizzazioni musicali di grande tradizione diffuse sul territorio nazionale. L’obiettivo comune è quello di essere un interlocutore per festival, musicisti, agenzie, case discografiche e istituzioni per la produzione di nuove opere, per la creazione, realizzazione e diffusione di progetti ad ampio respiro e destinati a sostenere la memoria presente e futura, in generale piuttosto trascurata. Il fronte su cui impegnarsi è vasto, a cominciare dalla necessità di valorizzare il concetto di impresa culturale dei propri associati in un rapporto definito e produttivo con le aziende e con il territorio.
Jip emetterà il primo vagito, dopo aver già superato tutti gli aspetti burocratici della fondazione dell’associazione, il prossimo mercoledì 17 luglio alla libreria Feltrinelli in corso Vannucci con gli interventi di Marco Molendini, presidente di Jip; Valerio Toniolo, amministratore delegato dell’Auditorium della Conciliazione (Roma); Carlo Pagnotta, direttore artistico di Umbria Jazz; Simone Fittuccia, presidente Federalberghi Perugia; il Comune di Perugia e Onofrio Piccolo, vice presidente Jip (Pomigliano Jazz). Ne parliamo con lo stesso presidente Marco Molendini, già consulente nella Fondazione Umbria Jazz.
Jip, Jazz Italian Platform, associazione che riunisce otto organizzazioni diffuse sul territorio nazionale. Con quali intenti nasce questa associazione?
“Sono otto festival – risponde Molendini – che hanno lunga tradizione, perché al di là di Umbria Jazz, Bologna è uno tra i più antichi festival del jazz italiani; Jazz in Sardegna ha pure una lunghissima storia; Jazz Network è il festival di Ravenna jazz che si sviluppa in tutta l’Emilia Romagna; Pomigliano è una forte realtà perché comprende tutto il territorio napoletano (fanno concerti persino sul Vesuvio); Il Saint Louis college che ha duemila studenti, è una vera e propria fabbrica di musica, oltretutto a Roma il Saint Louis è stato uno dei club storici sin dagli anni Settanta, poi c’è Visioninmusica a Terni con una tradizione ultradecennale di musica di qualità e il territorio veneto con Veneto Jazz”.
Esisteva già un’associazione, la I-Jazz, che raduna gran parte del festival jazz italiani, come mai questa fuoriuscita?
“Otto di questi festival facevano parte di I-Jazz e sono usciti per crearne una nuova. Non vuol dire questo che ci sia una conflittualità. Faccio un esempio: se prendiamo in considerazione le confederazioni sindacali sono tre, le maggiori, e fanno tutte gli interessi dei lavoratori. Qui si tratta soltanto di una differente prospettiva di lavoro”.
Quali sono queste nuove prospettive che offre Jip rispetto ad I-Jazz ad esempio?
“Noi pensiamo che l’identificazione sia soprattutto quella di superare l’idea di un’associazione che si muove soltanto per raccogliere fondi pubblici e poi distribuirli tra i suoi associati. La nostra associazione conserva l’indipendenza assoluta di ogni organizzazione, però si vuole manifestare l’interesse comune e quindi realizzare progetti in comune, offrire anche ipotesi di lavoro e ci sono anche se ancora non le posso ufficializzare di progetti ad ampio respiro sul territorio nazionale. E ovviamente tutto ciò che riguarda il rapporto con le istituzioni ma anche di collaborazioni artistiche. L’idea è di un’impresa culturale che riunisca otto festival che fanno musica jazz sul territorio e che vogliono implementare in qualche modo la loro attività”.
Questa associazione darà vita anche a nuove produzioni?
“La possibilità di avere dei rapporti con altri festival con cui si è soci, può rendere più facile la possibilità di progetti che si possono far girare tra le varie realtà. Ovviamente c’è da tener presente che le dimensioni di Umbria Jazz sono particolari rispetto agli altri festival jazz, così come l’impegno economico che c’è su Umbria Jazz, però oggettivamente alcuni musicisti, alcuni progetti, alcune idee potranno essere anche condivise”.
C’è poi un aspetto che vale la pena approfondire: il progetto educational inglobato da Jip che presuppone un coinvolgimento sin dalla più tenera età nei confronti del jazz. Su cosa si basa?
“Non a caso dell’associazione fa parte il Saint Louis, non a caso c’è Umbria jazz con le clinics del Berklee College di Boston, ma anche altre realtà come Visioninmusica hanno rapporti e strutture che si occupano dell’eduzione jazzistica. L’idea è rivolgersi a tutte le età, considerando che quando si educa un pubblico all’ascolto, poi crei non soltanto la possibilità di avere musicisti, ma anche un futuro pubblico legato a questa musica”.
Con azioni coordinate tra gli otto attori?
“Abbiamo ad esempio quest’anno “Uj4kid” rivolto a ragazzi e bambini che non è realizzato da Jip – viene organizzato dalla Federazione del jazz – però in realtà nelle prospettive di lavoro di Jip quest’aspetto è molto importante e continueremo a seguirlo”.
L’intento, altro aspetto importante, è, insomma, di seguire i criteri di un’agenzia di programmazione, come accade in Francia. Questo vuol dire che gli otto festival avvieranno una sinergia tra loro e che uniranno le loro forze per poi far circuitare concerti e spettacoli?
“L’intenzione di questi otto festival che sono i fondatori ma sono pronti ad accogliere altri associati, ciascuno mantenendo la propria identità è di condividere idee che possano essere programmate e distribuite all’interno dell’associazione e anche all’esterno, ciascuno nella propria autonomia e speciale relazione con i territori di riferimento, l’uno completamente diverso dall’altro”.
Come mai proprio in questo momento si manifesta questa volontà associativa?
“Con il governo passato, il ministro Franceschini aprì un canale privilegiato non usuale per il jazz. Questo ha creato una situazione di incoraggiamento: da una parte si è creata la Federazione italiana jazz e dall’altra si sono aperti numerosi bandi. Non a caso, nello stesso periodo, per iniziativa voluta e per riconoscimento forte dovuto anche alla sua lunga storia, Umbria Jazz ha ottenuto la famosa definizione di festival di interesse culturale nazionale. Quindi c’è stato un cambiamento. Ovviamente i cambiamenti non sono destinati a perdurare se non si sollecitano; quindi la volontà è che il jazz continui a essere pronto a rispondere alle sollecitazione delle istituzioni ma anche pronto a sollecitarle”.