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Cultura, cala il sipario: manca all'appello il 56% dei finanziamenti regionali e in 49 restano senza un soldo



La mazzata è arrivata annunciata e fa malissimo perché il fattore contingente, ovvero lo scandalo Concorsopoli con la conseguente decapitazione della giunta Marini, non basta a giustificare ciò che accaduto. Il problema vero è che non si può far stare impiccato il comparto cultura alla odiosa e rischiosa prassi dell’assestamento di bilancio. Sapete infatti qual è il paradosso? Sbaglia di grosso chi parla, ora, di tagli. Trattasi invece, più propriamente,  di impossibilità amministrativa di rifinanziamento. Il motivo è dunque legato alla mala politica che non è Concorsopoli, o meglio in questo caso lo è solo in parte. Già, perché ci sta che se non fosse scoppiato il caos sanità i soldi anche stavolta sarebbero arrivati, ma il peccato originale sarebbe comunque rimasto. Si chiama Legge 17/2004 (Norme per lo spettacolo) e in particolare nella parte che riguarda la quota e i criteri di finanziamento largamente insufficiente e comunque mai riveduta e normativamente corretta per le aspettative che l’Umbria deve avere in relazione alla sua storia, alle sue potenzialità, al diritto e possibilità di accesso e crescita culturale di chi ci vive.
Il dato stavolta è allarmante: mancano all’appello 248mila euro rispetto ai 445mila concessi lo scorso anno. Questo a fronte di spese, ovvero spettacoli e proposte culturali varie, già di fatto realizzati. Come dire che ormai i buoi sono scappati e non si sa chi e come potrà rimetterli dentro il recinto. La Legge 17/2004 può elargire nel 2019 per i motivi di cui sopra solamente 197.474,27 euro di cui 138.231,99 da liquidare entro l’anno e il restante 30 per cento pari a 59.242,28 al termine del procedimento di verifica della relazione sull’attività svolta dai beneficiari. Questo vuol dire dagli uffici competenti sono stati dichiarate finanziabili solo le istanze che, agli atti dell’istruttoria, hanno raggiunto un punteggio compreso tra un minimo di 80/100 e un massimo di 100/100. Per dire, Fontemaggiore è a quota 98 ma, per chiarire le dimensioni, è passata da 110mila euro del 2018 a 45mila. Risultato: i soldi, in alcuni casi più che dimezzati, vanno solo a 19 soggetti dei complessivi 68 che si occupano di spettacolo dal vivo. E sono:
Fontemaggiore 45.000 euro
Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto 38.000
Festival delle Nazioni 35.000
Due Mondi 31.500
Associazione culturale Eunice 9.918,50
UmbriaEnsemble 6.923,00
Tieffeu 5.000
Indisciplinarte 3.040,00
Omaggio all’Umbria 2.550;
Gabbiamo Jonathan  2.550
Ippocampo 2.500
Isola di Confine 2.500
Roghers Staff 2.450
Zenith 2.200
Post Modernissimo 2.200
Deja Donné 1.800
OPLAS 1.800
Aurora 1.500
Anec 1.042,77
Gli altri 49 prenderanno zero euro. In fondo all’articolo vi proponiamo il link per consultare le tabelle che contengono tutti i dati utili alla consultazione.
Si badi bene: l’assistenzialismo degli enti, i finanziamenti a pioggia, i tempi che sono cambiati, il ‘datevi una mossa a trovare gli sponsor‘, i soldi che arrivano dai singoli Comuni  sono ragionamenti che i sessantanove che risultano in elenco conoscono bene e ci fanno i conti da un pezzo nel bene e soprattutto nel male. E soprattutto, una volta in più, hanno un peso relativo nel momento in cui c’è una normativa che è scritta ma fino a un certo punto che sostanzialmente ti dice: non ti preoccupare che alla fine i soldi, in qualche modo, arriveranno. Stavolta non è andata così. La realtà è che la cultura resta una voce marginale, al di là dei proclami che hanno in effetti finito per azzerare il pensiero tremontiano ma solo per comune senso del pudore e, soprattutto, a parole. Quando c’è da fare il bilancio di fine anno state certi che c’è sempre qualcuno nelle varie giunte che alla voce cultura pensa: E che palle! Ma cosa vogliono questi che si divertono a fare gli attori, a inventarsi direttori artistici, a indire rassegne, convegni, scambi, premi editoriali… Andassero a lavorare!
Peccato che in ballo ci sono proprio posti di lavoro. I quaranta di Fontemaggiore, i settanta del Lirico Sperimentale e la lista sarebbe lunga e somma centinaia di persone. Ma in questo comparto il concetto strettamente economico di “indotto” sfugge. Per fortuna i nostri amministratori si sentiranno sollevati perché, è notorio, trattasi per la maggior parte di precari. Magari sarebbe bello, in una prossima e auspicabile Legge regionale per lo spettacolo, considerare anche questo aspetto nella giusta dimensione. Anche perché, quando si vogliono fare le leggi per bene, si fanno. I grandi festival, da Umbria Jazz al Due Mondi, gli enti teatrali come lo Stabile dell’Umbria, hanno per fortuna normative ad hoc che ne riconoscono l’entità e il valore. E i soldi necessari a farli vivere. Meno male. Creano eventi culturali di spessore, si fanno promotori di progetti di grandissimo richiamo; creano, insomma, quell’indotto che sì, stavolta, è percepito. Però attenzione: se il grande festival, la rassegna di grido, la produzione di livello internazionale entrano in crisi che si fa? Il ristoratore, l’albergatore, il locatore, il barista, il piazzaiolo e quant’altri avrebbero di che preoccuparsi. O no? E allora. A ciascuno il suo. Perché va a beneficio di tutti.
Chiudiamo con il rilanciare l’appello formulato nel nostro Bollettino ai naviganti numero 20. Scontato più che profetico, intendiamoci: però oggi è un giorno brutto e trova tristemente nuovo vigore. E allora: partiti, politici di professione, donne e uomini candidati al governo provenienti dalla società civile, navigati e irreprensibili professionisti dei conti decisi a dare il proprio contributo alla collettività regionale, prendetevi carico, finalmente, anche della richiesta di dignità che la cultura e chi ci lavora meritano.

Tabelle riassuntive dei finanziamenti concessi e negati: ecco a chi

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