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Coronavirus, è il momento della comodità e del tempo creativo

PERUGIA – Non siamo lontani dall’estate, appena un paio di mesi e il sole risplenderà ancora. Forse anche meno malaticcio degli ultimi anni, dato che lo strato di ozono a causa dell’abbassamento degli agenti inquinanti si sarà stabilizzato su livelli più accettabili per la salute. Saremo abilitati a fruire del sole? Avremo la possibilità di rilassarci ammesso che la battaglia con il Covid sia già finita? E’ presto per dirlo, ma intanto, stando alle premesse di questo periodo che ha coinciso con l’avvio della stagione primaverile, già molte cose sono in via di trasformazione. Cambiamenti che volenti o nolenti scandiscono le nostre giornate di “prigionia” in casa. Come non notare, ad esempio, che si tende tutti a concedersi la massima comodità possibile con outfit molto, molto meno impegnativi e più abbordabili per trascorrere le lunghe giornate in casa, tra impegni di lavoro online e ore e ore dedicate all’otium ovidiano che rigenera e favorisce l’invenzione creativa? Al netto di famiglie numerose – ma sono ormai pochissime in Italia – e dell’impegno profuso con ragazzi e bambini, i sociologi chiamano il tempo che rimane per noi, tempo creativo che si oppone al tempo normativo dedicato alle altre attività. Prima ancora che l’idea di tempo venisse intesa come una linea retta, dove i secondi e i minuti si susseguono lasciando spazio a un eterno presente, l’idea di tempo era più attinente alla circolarità, come un serpente che si chiude in cerchio e che si morde la coda. E definito l’uroboro e rappresenta la totalità del tutto in un ciclo che è insieme mutevole e immobile nel suo ripetersi. Le civiltà rurali legavano l’idea del tempo al ciclo delle stagioni e i greci antichi suddividevano due tipi di tempo, un tempo dell’anima, il Kairos, che era associato all’hic et nunc delle emozioni e un tempo cronologico dominato dal dio Chronos, un mostro che mangiava senza sosta i suoi stessi figli. Otium, uroboro, Kairos è insomma l’idea di tempo che siamo chiamati a ritrovare per cogliere l’occasione di renderlo arricchente da un punto di vista creativo e intellettivo. Dunque si esce di casa, con l’abbigliamento meno impegnativo possibile, una comoda tuta che va bene per tutte le occasioni. Si va a fare la spesa e se è evidente il fatto che il prezzo del carburante è sensibilmente sceso, di contro al supermarket i prezzi di frutta e verdura e in genere dei prodotti deperibili, sono sensibilmente lievitati. Spiegano che le scorte di prodotti meno costosi, per lo più provenienti da altri paesi europei ed extraeuropei sono ormai finite al macero e che con le nuove limitazioni doganali, la filiera dei prodotti si è ridotta di molto, spesso ridottissima a pochi chilometri di distanza dal punto vendita, tutt’al più nei limiti dei confini nazionali. Sono insomma prodotti italiani – così assicurano – quelli che stiamo consumando in questo periodo, prodotti, dunque, che dovrebbero garantire anche un maggior livello qualitativo. In fin dei conti, viviamo più comodi, abbiamo più tempo per noi stessi, mangiamo meglio e più sano. Manca soltanto un elemento che produce una vita meno attrattiva, un elemento su cui è basata l’intera storia dell’umanità nella sua agognata ricerca: la libertà.

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