FERENTILLO – Entrati a pieno ritmo nel mese di gennaio con l’Epifania arriva la cosiddetta Pasquarella. Tradizione più popolare nel mondo cristiano che precede l’arrivo dei Magi alla capanna di Betlemme. La Befana che porta i doni e poi la festa di Sant’ Antonio Abate, patrono degli animali e celebrato dal mondo contadino. E così, i gruppi folk imperversano, con mantelli, cappellacci e organetto, percorrono i borghi della Valnerina con stornelli e canti della tradizione con duetti e dialetti locali.
Tutto culmina il 17 gennaio, ricorrenza propria della morte del Santo. Facciamo un po’ di storia su questo singolare personaggio della nostra religione cristiana. Sant’ Antonio Abate, eremita, nasce nel 251in Egitto. Visse nel deserto nutrendosi di insetti. Digiuni e preghiere, predicava l’umilta e la povertà, sopratutto per gli ecclesiastici. Combatte’ il demonio che spesso lo tentava. Protettore degli animali e del mondo contadino. L’ iconografia lo presenta su dipinti come un vecchio barbuto, con accanto un maialino e un campanello. I suoi simboli sono il bastone Tau, il campanello, il fuoco, il demonio. Invocato contro l’erpes (fuoco di Sant’antonio) e patrono dei macellai, salumieri, allevatori, contadini, coloro che lavorano le carni di suino. Nelle antiche chiese, cappelle e abbazie, un po’ ovunque, sono riprodotte le immagini del Santo. Alla Collegiata di Santa Maria a Matterella e’ conservato una raffigurazione di grande effetto e suggestione, a grandezza naturale, opera di Jacopo Siculo che lo eseguì nel 1543 una delle sue ultime opere. L’ artista siciliano affresco’ il nicchione della navata di destra con le scene della vita e dei miracoli, oltre che delle tentazioni dell’abate eremita egiziaco. Il nicchione era del Juspatronato dei mulari e vetturali, come espresso dai rilievi di un asino e mulo sui pilastri laterali.
Il Santo e al centro, seduto, che domina la scena, circondato dagli animali domestici: capre, pecore, oche, maiale, cavalli, asini, pollame, addirittura una arnia con le api. Tutto attorno, scandito in scene a mo di fumetto, le storie e le tentazioni del Santo. In alto, su una collina, e’ stato riprodotto l’antico castello di San Mamiliano. Boschi, vegetazione, cascatelle e ruscelli, danno vita ad uno scenario unico, rendendo bello e armonioso tutto il fondo dipinto. Nel sottarco una candelabra nell’intradosso, con fiori, racemi e uccelli. In alto una bella Madonna col Bambino, di una dolcezza unica, incorniciata da uno stucco dorato aggiunto nel settecentesco che circonda anche la figura del Santo. L’affresco, come detto e’ datato MDXXXXIII a sinistra sulla tabella della candelabra dell’ intradosso. Il Santo con la mano sinistra reca un libro aperto dove e’ scritto un monito agli ecclesiastici: NON EST HIC LOCUS IDONEUS NISI AMATORIBUS HUIUS SECULI PROPTEREA FUGIAMUS A FACIE HUIS CUPIDITATIS. Il Guardabassi attribuisce l’ affresco a Giovanni di Pietro detto Lo Spagna ingannato dall aspetto spagnesco dell’opera. Fu lo Gnoli ad attribuirlo al Siculo (anche se la componente spagnesca rimane fondamentale nello stile del Siculo, soggetto però anche dalle suggestioni derivate dal Tamagni che vide negli affreschi di Arrone fino a risalire tramite questi allo stesso Raffaello).