SPOLETO – Comincia il pianto della chitarra, è inutile farla tacere. Federico García Lorca (la Generación del ’27, il dadaismo, la guerra civile) firma il poema del “Cante Jondo” nel 1922 aiutato da Manuel De Falla nell’aspetto musicale. L’artista vive una Spagna che del testo poetico ha un’idea contaminata, “espressione di un Io profondo, interiore dei personaggi, è un momento dove sicuramente c’è una riflessione profonda sul rapporto tra l’uomo e il senso del fare artistico” commenterà il regista livornese Alessio Pizzech.
Di fatto, negli anni Venti la Spagna vive un momento ricco di sperimentazioni, ad influenzare il discorso musicale e poetico ci sono le avanguardie pittoriche e le nuove scienze umane incentrate ad esempio sulla riflessione freudiana. Il reale, l’onirico, la fuga dalla realtà, il simbolismo. E poi ancora l’esteriorità sensoriale del luogo e del paesaggio iberico contrapposta all’interiorità dell’artista (scrittore, poeta, pittore) e delle sue emozioni. In Spagna più che in altri paesi tutto corre molto veloce. In pochi decenni, da una parte troviamo la Generación del ‘98, sul finire dell’Ottocento, scrittori come Unamuno, Machado, Maeztu, Azorin e Baroja che attaccano la classe politica e affermano un forte spirito individuale rilanciando così i tratti tipici della letteratura medievale (Cervantes in primis) e rinascimentale. Dall’altra, la corrente del modernismo, i quali referenti come il nicaraguense Rubén Dario, rifiutano la realtà preferendo vivere in un mondo ideale. È in questo contesto che sulla scia di Debussy e Ravel nasce l’impressionismo musicale a cui si rivolse la composizione e lo spirito di De Falla che qui ci interessa particolarmente.
L’anteprima della 73ma stagione lirica dello Sperimentale di Spoleto partirà questo venerdì, 9 agosto alle ore 18, con una prima dedicata proprio a Manuel De Falla, alla Spagna e ai paesi ispano-americani. Verrà allestito al Teatro Caio Melisso un Eine Kleine Musik (l’impronta è solo vagamente mozartiana) dal titolo “El Retablo de Maese Pedro”. La prima rappresentazione dell’opera per marionette, assenti nel nuovo allestimento, avvenne a Siviglia nel 1923, commissionata dalla principessa di Polignac e tratta dal Don Quijote di Cervantes. Il finto cavaliere che sognava la sua Dulcinea e correva dietro ai mulini a vento si ritroverà anche qui in un gioco di schemi e scherni.
“Non si segue alla lettera il libretto di De Falla, però si segue sicuramente in profondità e l’emozione di De Falla” mi dice lo scenografo Andrea Stanisci che ne ha curato l’allestimento scenico, “non abbiamo i cavalieri erranti, non c’è Carlo Magno, non c’è Melisendra, però ci son tutti e c’è tutto, alla fine ci sono tutti in qualche modo”. Stanisci non è nuovo dello Sperimentale, è un artigiano della scena che ancora disegna a mano i suoi bozzetti. È la prima volta che lavora con il regista Alessio Pizzech. Si erano conosciuti nel 2006, “incrociati” per poco, quando a Spoleto Giorgio Pressburger lavorava al Barbiere di Siviglia e Pizzech gli faceva da assistente alla regia. “Per me è stato un gran bell’incontro” riprende Stanisci parlando del regista del Retablo, “perché è un uomo preparatissimo, intelligente, sensibile e cosa che per uno scenografo è molto bello, c’è un rimandarsi la palla, ascolta, gli si parla, lui ti parla, ci si rimanda appunto la palla per creare realmente qualcosa assieme. Quello che ha è che sa dove vuole arrivare e allora, anche i cambiamenti rientrano sempre in una direzione, è sempre un approfondire, un modificare, però sempre andando in una direzione che è molto precisa, molto forte”.
E dove vuole arrivare? “El Retablo più che un’opera è una specie di esperimento sul linguaggio” spiega Pizzech, “questo è l’aspetto che a me interessa, un’opera che è in qualche modo una riflessione sul linguaggio e sui linguaggi che si possono utilizzare per raccontare una storia”.
Gli aspetti evidenziati da questa nuova rilettura dell’opera, in scena in una sorta di secondo atto, “un atto artistico”, sono introdotti da un prologo con musiche di De Falla, Isaac Albeniz e del brasiliano Heitor Villa-Lobos (interpreti Silvia Alice Gianolla e Alfred Ciavarrella; al pianoforte Luca Spinosa e Fiorella Rambotti) che accompagneranno alcune poesie di Antonio Machado lette e interpretate dall’attore Tommaso Minniti.
Il Retablo entra dopo con il suo teatrino simbolico. All’originale partitura per orchestra, ridotta dal compositore spagnolo per pianoforte solo, penserà Mariachiara Grilli anche in qualità di Maestro concertatore. I personaggi sul palco sono tre: al posto del bambino (El Trujuman), poiché De Falla aveva scritto il testo per una voce bianca, ci sarà la soprano Susanna Wolff, Maese Pedro sarà interpretato dal tenore Marco Rencinai, mentre la parte del Quijote toccherà al vincitore del 73mo concorso dello Sperimentale, il baritono Luca Simonetti. Come di consueto a garanzia dello spettacolo a Clelia De Angelis sono affidati i costumi e ad Eva Bruno le luci.
El Quijote in un tempo diverso rispetto a quando era stato concepito torna ad essere un protagonista di battaglie che con il pensiero rincorre nuove idee. Fantasia, solitudine, follia. La narrazione avviene in quadri. “Don Quijote, in questa mia rilettura del Retablo, diventa una sorta di Van Gogh” spiega il regista, “cioè di pittore che con i suoi colori racconta queste storie che gli vengono suggerite da questa figura femminile che è portatrice di una storia che poi diventa condivisa da lui con l’uso appunto del colore”. Una realtà immaginata in cui lo spettatore, in punta di piedi, si trova ad entrare. “E alla fine c’è, spero, una sorpresa, un piccolo colpo di teatro scenografico” conclude Stanisci, “in cui tutto quello che si è raccontato in qualche modo prende forma”.
Due repliche andranno in scena sabato 10 agosto alle ore 18 e alle ore 20.30
Si ricorda che durante le rappresentazioni, il libretto di El Retablo de Maese Pedro sarà consultabile tramite smartphone collegandosi al sito internet: https://libretti.wordpress.com/