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Commercio, un settore ormai in ginocchio. I ristori? Mai visti

PERUGIA – C’è molta attesa per le misure del Governo Draghi rivolte al settore dei pubblici esercizi e per quanto attiene, in particolare, agli indennizzi. Anche il neo presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni, alle prese con la nuova realtà camerale e con i nuovi equilibri da gestire, si dice “fiducioso”, stando alle prime dichiarazioni rilasciate dal premier Draghi e alle azioni della Regione Umbria.

A forza di battere – ha dichiarato il presidente Mencaroni – arriva un po’ di attenzione alla nostra categoria. Ricevo ogni giorno centinaia di messaggi da parte di imprenditori, di ristoratori allo stremo. Comprendiamo le scelte compiute, ci sono esperti sanitari e decisioni che vanno rispettate. Tuttavia, sappiamo bene che interi settori sono in ginocchio. Bene la Regione che ha avanzato istanza di ristoro al governo. Ma occorre fare molto di più. Ci sono, fra l’altro, categorie chiuse e altre, in cui è maggiore il rischio di diffusione del Covid, che sono aperte. Anche su questo bisognerebbe fare una valutazione più attenta. Come pure sul turismo. Oggi, si sente molto parlare di turismo di montagna che ha subìto danni, ma si dimentica che questo ambito è stato chiuso solo da Natale a oggi. Le città d’arte, invece, hanno avuto una battuta d’arresto ben più lunga. L’Umbria ha lavorato solo da luglio a settembre”. Quanto alla Regione Umbria, “siamo soddisfatti, ha recepito le nostre osservazioni, ha chiesto i dovuti ristori al governo. Ci devono mettere tutti nella condizione di sopravvivere, nel rispetto delle regole”. Mencaroni chiede al governo Draghi “ristori adeguati, ma non a pioggia” e “interventi sul cuneo fiscale”; inoltre, per quelle imprese che hanno fatto ricorso al medio credito centrale, “bisogna regalare loro il tempo e portare la restituzione a 20 anni, con tre anni di moratoria”.

Con molta rassegnazione, Sergio Mercuri, presidente di Confcommercio Perugia, riferisce che “al settore della ristorazione e, in generale, ai pubblici esercizi non sembra essere arrivato nulla. Almeno così ci riferiscono i nostri associati. Per la categoria dei rappresentanti e dell’abbigliamento non è previsto proprio nulla. Non riesco a comprendere il meccanismo. Speriamo solo che la campagna vaccinazione acceleri, ma anche qui non sembra proprio. Bisogna fare attenzione alle conseguenze di questa situazione, a quanti non vedono futuro e pensano a misure drastiche. Io credo sia più opportuno fermarsi per 10 giorni, anziché continuare a sperare e chiedere indennizzi che non servono e non risolvono la situazione, né dal punto di vista economico, né da quello della salute. Ci vuole coraggio, invece, ognuno strilla per conto proprio”. “Dobbiamo capire – aggiunge Giuseppe Capaccioni, titolare del negozio Andrei, a Perugia – se è previsto qualcosa per il periodo di zona rossa dell’Umbria, le tre settimane di chiusura e le domeniche”. Quanto ai ristori della Regione, sia Mercuri, sia Capaccioni commentano all’unisono: “Era meglio destinarli ad altro. Non sono neppure una goccia nell’oceano e non rispondono ad alcuna delle nostre problematiche. Uno sconto sulla Tari sarebbe stato preferibile”.

Claudio Meini, titolare del ristorante l’Utopia, conferma di non aver ricevuto alcun ristoro: “Dallo scorso marzo, quando ci venne riconosciuta una somma una tantum, non abbiamo più avuto alcun contributo. Nella situazione in cui siamo o si ride o si piange. Noi abbiamo deciso di non fare l’asporto, perché non era vantaggioso. Abbiamo lavorato da luglio a settembre e, a onor del vero, è stata la migliore stagione estiva che si sia mai fatta. Anche se non ha risolto i problemi di quasi un anno di inattività, di tasse da pagare, di mutui, affitti, stipendi, utenze. Forse, più che ristori, avrebbero dovuto sospendere il pagamento di tasse e utenze per un anno. La disperazione è tanta. So di molti ristoratori che hanno cessato l’attività”.

Francesca Gargamelli, titolare del negozio di abbigliamento “Red Carpet”, a Perugia, conferma di “non aver ricevuto alcun indennizzo”, se non quell’una tantum dello scorso marzo. “Siamo di nuovo chiusi – commenta Garganelli – ma nel frattempo i pagamenti sono aperti! Il nostro codice ateco non appare da nessuna parte e non sono riuscita ad accedere neppure alle misure regionali”. Intanto, si pensano nuove strategie: “Stiamo organizzando sempre più la vendita on line, ma per negozi come il nostro, il contatto con il cliente resta fondamentale”.

Naighi

Foto di Raffaella Fuso

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