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Clubhouse, il nuovo social nel segno della riservatezza

PERUGIA – La “guerra” non è mai finita, anzi è appena cominciata. E adesso per buona pace di tutti i tentativi malriusciti di protezione della privacy e di difesa dei dati sensibili di ognuno di noi, è ormai palese. Tra Stati Uniti e Cina si combatte dunque a carte scoperte e il bottino è rappresentato dalla infinita mole di dati che i social sono in grado di carpire agli utenti e che poi i Big Data rielaborano in base a complessi algoritmi e rivendono a fini soprattutto commerciali, ma il mercato è aperto e il terreno impervio della ricerca dei consensi politici si basa ormai soprattutto in riferimento alla capacità dei social media di creare flussi di opinione e convinzioni sociali o ideologiche. Con, e più spesso, ricorrendo anche a fake news, informazioni fasulle in grado di “inquinare” il pensiero di molti. E se negli Usa, il neo-presidente Biden non usa i mezzi rozzi di Trump e per ora concede il libero accesso a Tik Tok, il social cinese che piace ai giovanissimi, ammette anche senza mezzi termini che questo accade solo perché sta disponendo una strategia efficace per “proteggere” gli americani dal “furto” dei dati degli utenti statunitensi, così come rimane irrisolto il contenzioso a base di ricorsi e controricorsi con la cinese Huawei per il controllo della tecnologia 5G su cui si prefigura una svolta planetaria epocale in quanto a velocità e gestione di una mole di dati sempre più imponente. Intanto l’universo social continua il suo processo di mutazione continua, mutante che adotta nuove modalità di comunicazione e di coinvolgimento con l’intento di guadagnare l’attenzione di varie tipologie di utenti, target diversi di fruitori che di volta in volta si avvicinano, perlustrano le varie “stanze”, permangono per un periodo più o meno lungo di tempo, per poi allontanarsi in tutta fretta e cercare e trovare il nuovo social che intanto nasce. Irriducibili nomadi in un mondo sempre più fluido e – come direbbe Bauman – “liquido”. Proprio dagli Stati Uniti arriva ora Clubhouse, nuovo social che si sta imponendo soprattutto per le modalità di comunicazione che segnano il passaggio dal dominio delle immagini e dei video a quello audio. Un po’ snob ed elitario (è accessibile solo a chi possiede un iPhone, anche se presto si prevede anche una versione Android) e al momento rappresenta anche la nuova frontiera dell’era social su cui Zuckerberg aveva predetto che presto da piazze virtuali si sarebbero trasformati in salotti. Al di là del successo finanziario che si è acceso sul nuovo social che per ora, e con una potenzialità tutta ancora da scoprire, ha già prodotto una valutazione che si aggira attorno al miliardo di dollari, Clubhouse assicura una maggiore riservatezza rispetto al passato. E’ organizzato in stanze nelle quali gli utenti possono scambiarsi messaggi vocali. Una volta chiusa la stanza, non vengono registrati ma scompaiono. Ad accrescere l’aura di riservatezza c’è poi la caratteristica distintiva della piattaforma: non ci si può iscrivere liberamente ma si accede solo per invito di un altro utente. Il 31 gennaio, Elon Musk ha fatto il suo esordio su Clubhouse, discutendo delle sue aziende (ma non solo) e attirando ben più dei 5 mila iscritti concessi come tetto di una stanza. È solo un episodio, ma è un indice di quanto gli utenti abbiano fame di conversazioni con meno intermediazione e più riservatezza possibile. Pare insomma la riservatezza e la possibilità di esprimere in libertà il proprio parere su argomenti diversi, condividerlo con il proprio gruppo di interesse, per poi scomparire rapidamente, come in una conversazione estemporanea con uno sconosciuto in un caffè, la nuova modalità – più politicamente corretta – dei social. Una novità che scompagina – anche se non del tutto – i criteri di accumulo dei dati con la spietata caccia all’utente da piegare ai voleri della persuasione occulta, sia essa commerciale che politica.

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