Abbiamo posticipato al lunedì la consueta riflessione della domenica perché stasera prenderà forma un civilissimo segnale di presenza più che di protesta; del resto insita di per se stessa. Luce, infatti, è ciò che permette di vedere in profondità la realtà che ci circonda, consente di osservare le forme che essa assume, può esaltare persino l’effetto dell’ombra, di ciò che è assente. La luce in sostanza di per sé “manifesta”.
Però vogliamo intendere “Facciamo luce sul teatro!”, lodevolissima iniziativa di Unita, Unione nazionale interpreti teatro e audiovisivo, anche come un faro che dalle sette di stasera in poi in tutta Italia, indicherà per molti un approdo. Perché con tutte le cautele del caso potremo anche noi, da spettatori, diventare attori. Con la nostra presenza. Andando a dare il nostro sostegno, con un messaggio, con un contatto anche se a distanza.
Un gesto di solidarietà? In parte. Piuttosto ci piacerebbe intenderlo come un’opportunità che vale per noi stessi, orfani da un anno di un rito condiviso dal fascino immenso. Sappiamo che stasera potremo tornare dove siamo stati, come un nostro genius loci. A Perugia saranno il cinema Zenith e la sala Cutu, ad Assisi il Piccolo Teatro degli Instabili; a Narni il Teatro Comunale; a Umbertide il Teatro dei Riuniti ; a Montone il Teatro San Fedele, a Cannara il Teatro Thesorieri); a Calvi dell’Umbria il Teatro Monastero; a Foligno Parterre e Auditorium San Domenico. Abbiamo lasciato per ultimo Spoleto e il Teatro Nuovo Giancarlo Menotti perché qui le luci sono accese da giorni e lo resteranno anche dopo stasera perché qui il teatro “prova”, come è avvenuto per il Morlacchi per “Guerra e Pace” anche dopo lo stop del lockdown di ottobre. Qui, questa ulteriore produzione del Teatro Stabile dell’Umbria, “Chi ha paura di Virginia Woolf”, prende forma. Vinicio Marchioni, Sonia Bergamasco e l’intero cast assieme ai tecnici hanno in mano questa luce in maniera concreta. Chi può, insomma, e ha le risorse per farlo ce la sta mettendo tutta. Dobbiamo essergliene grati. Con un atto di presenza, chi potrà.
C’è poi chi deve esserci. E’ il caso del ministro Dario Franceschini. Adesso, “liberato” dall’impegno del turismo, il suo dicastero si chiama della Cultura. Ha da pensare solo e unicamente a questo. E nel suo specifico caso non basta fare presenza.