Riceviamo e pubblichiamo l’intervento inviatoci dalla redazione del “Centro Studi Malfatti” che si occupa di sanità privata, sanità privata convenzionata e ruolo della sanità pubblica.
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Lo “stadioclinica” per gli indigeni
Ricordate come i colonizzatori imbrogliavano gli indigeni? Gli sottraevano terre e beni in cambio di perline colorate e specchietti, con grande giubilo dei poveri sottosviluppati, poi però all’entusiasmo iniziale seguiva la tragica consapevolezza di essere stati raggirati con oggetti di scarsissimo valore, che persone arroganti e senza scrupoli, interessate solo a potere e ricchezza, gli avevano rifilato in cambio del loro benessere. Non vorremmo fare analogie, ma, gli indigeni ternani ci sono già passati con l’inceneritore, che a distanza di anni è ancora “di supporto” alla salute dei residenti nella conca, e non vorremmo che la cosa dovesse ripetersi, ancora e ancora, perché anche i meno smaliziati dovrebbero imparare dai propri errori. Pertanto riflettevamo. Bellissima l’idea dello stadio, con annessi e connessi migliaia di posti di lavoro promessi un po’ come faceva il cavaliere, più in grande scala, ma la pretesa clinica privata “convenzionata” spacciata come elemento di sviluppo … e dai, suvvia, mica siamo i pellerossa che accettano pezzetti di vetro da Colombo in cambio di oro, si tratta di una stupidaggine colossale, seppure prevista da una indecifrabile legge, che passerà, se passerà, solo grazie alla impreparazione e alla pochezza della classe politica al potere, tutta. La sanità privata convenzionata non è sanità privata, è un business privato realizzato con soldi distolti dalla sanità pubblica (1), che intanto per mancanza di fondi non assume personale, chiude reparti, agonizza.
E poi c’è quel modo sleale di utilizzare il termine ‘clinica privata di supporto alla sanità pubblica’. Non servirebbe nessun tipo di supporto alla sanità pubblica se si smettesse di tagliare i fondi ad essa destinati e di distogliere quei pochi rimasti, a favore della sanità privata, tutta. Perché ad esempio chiudere un reparto ospedaliero di riabilitazione per poi inviare i pazienti presso una struttura privata non è buona governance è idiozia. Le tanto decantate cliniche di eccellenza private in molti casi non hanno nemmeno le rianimazioni, quando i nostri cari vanno, poniamo il caso, a farsi le protesi qua e là possono rischiare la vita, ad esempio per una embolia postoperatoria. Una clinica privata per una risonanza magnetica applica mediamente una tariffa tre volte inferiore a quella che una Regione rimborsa a una clinica convenzionata con il servizio sanitario nazionale. Pertanto è evidente come per una struttura sanitaria privata una convenzione è come una gallina dalle uova d’oro (2).
Le cliniche private, se ritengono di essere proprio più efficienti ed efficaci della sanità pubblica, possono attuare una vera gestione privata, con coraggio imprenditoriale, senza prendere un soldo dallo Stato, con meccanismi di finanziamento basati su forme di assicurazione, poi i cittadini liberamente potranno scegliere a chi affidare la propria salute e la propria vita. In fondo il sistema delle mutue, precedente alla riforma sanitaria che istituì il defunto sistema sanitario nazionale, funzionava così. Assomigliava un po’ al sistema delle caste indiane, perché le mutue non erano tutte uguali, fornivano servizi di livello diverso, ma funzionava. Piuttosto sarebbe utile ripristinare il Servizio Sanitario Nazionale, scelleratamente abolito dalla riforma del Titolo V della Costituzione. Persino un paese campione del liberalismo come il Regno Unito ha il National Healt Service, mentre l’Italia ancora gioca al gioco insensato del neoliberismo, ormai fallito in tutto il mondo
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(1) Cfr., VII rapporto RBM Censis sulla sanità pubblica, privata e intermediata, 2017.
(2) Cfr., Milena Gabbanelli, Simona Ravizza, Sanità il buco dei rimborsi, in Corriere della Sera, 2/2/2018.
Foto di copertina: germitalia.com