Carmen Consoli, la Valsorda e un confidenziale concerto

GUALDO TADINO – Il sole della Sicilia è un’altra cosa, ed è un’altra cosa anche l’ombra dell’Etna che arriva quasi ai bordi di Catania. La Sicilia è mare e vulcani, è il luogo in cui tutti passano o cercano di approdare. È una frontiera tragica e in continuo movimento: questa frontiera, invece, è immobile e uguale a se stessa da sempre. Carmen Consoli si ritrova catapultata in uno scorcio d’Appennino bellissimo e difficile da interpretare, l’Umbria da una parte, le Marche dall’altra. Le pieghe della Valsorda sono un susseguirsi di sole e di ombra, la luce che sbatte sugli occhi della Consoli non somiglia a nessun’altra luce.

 

 

Lei sale sul palco puntuale, e dal fondo del catino erboso in cui si celebra l’ultimo grande appuntamento della prima parte di Suoni Controvento 2023 guarda le millecinquecento persone che sono salite fin quassù per lei, chi a piedi, chi in bicicletta, chi a bordo di qualche navetta. Comincia a suonare e comincia a cantare, e capisce subito che non può farlo a occhi nudi.

Jeans neri, maglietta a righe e scarpe da tennis, e adesso anche occhiali scuri, il look di Carmen Consoli è confidenziale. E d’altronde questo, per paradosso, è uno spettacolo confidenziale. Non tanto o non solo perché insieme a lei c’è solo il suo compagno di chitarre di una vita, quel Massimo Roccaforte con cui, raccontano, suona da trentatré anni, ma soprattutto perché il suo è un pubblico con cui condivide un’intimità marcata. Gente che di lei si fida ciecamente. Le donne, non solo loro ma più che altro le donne, le vedi seguire i saliscendi continui della sua voce come fossero la linea di un enorme cuore collettivo che sentono inequivocabilmente proprio. È una sinusoide misteriosa, come il timbro sdrucciolevole di questa cantante che quando ha iniziato a essere quello che è era giovanissima, e oggi, a quasi cinquant’anni, si può permettere più o meno qualsiasi cosa. Di crescere un figlio da sola, di iscriversi all’università, di tendere un filo invisibile e sottilissimo capace di reggere il peso di tutta questa gente venuta da chissà dove per vederla e ascoltarla. “Ciao Gualdo Tadino”, dice lei all’inizio, eppure il suo è un saluto a un popolo meticcio, come lo è da sempre quello di Suoni Controvento. Il concerto è sold out, ma la montagna se ne accorge appena. Il colpo d’occhio testimonia la cura per un luogo che non ha bisogno dell’uomo, ma che con l’uomo, a certe condizioni, può convivere molto bene.

La prima parte del live è una carrellata di classici, e da Amore di plastica in là ci sono grossomodo tutti. La gente canta, seduta o stesa sui teli, Roccaforte ci mette il ricamo e quel che serve per rafforzare l’ordito intessuto dalla padrona della scena, acqua e sapone, si sarebbe detto una volta, come quando era una ragazzina, intensa e impeccabile, piuttosto avara di parole. È un bel pomeriggio d’agosto, niente a che vedere con quelle domeniche al mare siciliane con i cocomeri nell’acqua gelata dei fiumi, è un modo per aspettare che il sole si faccia più obliquo e si decida a sfumare gli orizzonti. In un’ora e mezza, senza correre mai troppo, si arriva al bis, ed è qui che Carmen Consoli si incendia. Sarà perché appare la Sicilia, tutta insieme. Prima la Stranizza d’Amuri di Battiato, che con la voce della Consoli e il mandolino di Roccaforte è sempre da brividi. Poi la mazzata di Buttana di to mà, una storia di galera e di ingiustizia scritta una vita fa dalla cantastorie licatese Rosa Balistreri, come se nella galera in fondo ci potesse mai essere qualcosa di giusto. E infine ‘A finestra, che è una sorta di lungo piano sequenza in cui entra quasi tutta Catania.

Un incendio breve, ma potente, un incendio buono. Lei recita i saluti e i ringraziamenti con le braccia levate, e sul palco sale un uomo alto e senza un capello con un mazzo di fiori in mano. È il sindaco di Gualdo Tadino, e mentre porge i fiori alla piccola grande donna che ha appena riempito la vallata di canzoni ha tutta l’aria di pensare che una cosa del genere, solo qualche anno fa, non sarebbe riuscito nemmeno a immaginarla. È felice, come molti di coloro che continuano ad applaudire o che lentamente hanno cominciato a sciamare verso i piedi della montagna. Suoni Controvento dopo questo fine settimana se ne va un po’ in vacanza, Carmen Consoli pure. A ferragosto tocca ai cocomeri e alle birre ghiacciate, settembre è dietro l’angolo per tutti.

Foto: Alessio Branda

Giovanni Dozzini: Nato a Perugia nel 1978, è giornalista e scrittore. Ha collaborato con molte testate nazionali e locali, scrivendo di cultura e di sociale. Ha pubblicato un po’ di romanzi: i più recenti sono E Baboucar guidava la fila (Minimum Fax, 2018), con cui ha vinto l’European Union Prize for Literature, Qui dovevo stare (Fandango, 2021), premio Fulgineamente, e Il prigioniero americano (Fandango, 2023). È tra i fondatori e gli organizzatori del festival di letteratura ispanoamericana Encuentro.