PERUGIA – E lì, sin da quando gli Spiritual, poi il Gospel, quindi il Blues e infine il Jazz connotarono la musica degli afroamericani come vera e più autentica espressione della subcultura degli schiavi deportati dall’Africa. Si badi bene: sottocultura da intendere come cultura minoritaria, come inizialmente furono il blues e il jazz e non come sottoprodotto culturale, ovvero prodotto di scarsa qualità. La Blue Note è quell’elemento che ha segnato la differenza, il tratto distintivo che ha sdoganato la subcultura afroamericana per propagarsi nel patrimonio culturale condiviso nell’equilibrio tra cultura alta e cultura popolare. Oggi che si fa un gran parlare della minoranza afroamericana negli Stati Uniti, oggi che, con più evidenza è sotto gli occhi di tutti quanto gli Wasp (white, anglo-saxon, protestant) a quattro secoli di distanza degli sbarchi forzati dei primi schiavi africani, determinino i paradigmi dell’egemonia sociale e culturale, spesso ricorrendo a metodi e mezzi violenti per imporre la loro supremazia, la Blue Note racchiude tutto il senso della lunga e tragica epopea delle moltitudini nere negli Stati Uniti. Una sola nota ha fatto la differenza nella storia della musica, una nota ricolma di dolore che racchiude tutta la sofferenza, lo spaesamento, la coercizione di uno stato di minorità e i soprusi e le violenze, spesso sino alla morte dei neri d’America. In una recente intervista di Valentina Nicolì per il Manifesto, Noam Chomsky, massimo esperto e politologo d’eccellenza negli Stati Uniti, sottolinea che il tasso di mortalità tra le comunità nere per gli effetti del Covid è tre volte superiore rispetto a quello dei bianchi perché i neri non possono permettersi di vivere in zone diverse da quelle più inquinate. E che la seconda ondata di criminalizzazione, dopo la prima della fine del XIX secolo negli Stati ex-schiavisti, ha preso slancio con Ronald Reagan. Nel 1980, quando si insediò alla presidenza, il tasso di incarcerazione rientrava nella media europea. Da allora ha subito un’impennata, attestandosi ben al di sopra dell’Europa. Le incarcerazioni coinvolgono in maniera sproporzionata i neri. È in parte il risultato della guerra alla droga e in parte è riconducibile a una maggiore criminalità tra le persone nere. Quest’ultimo dato è spesso evidenziato dall’apologetica razzista, senza però domandarsi perché tale criminalità sia maggiore tra i neri. In realtà, è tipico delle comunità oppresse. Ma il caso delle persone di colore è indubbiamente il più grave”. Insomma la politica trumpiana cerca da un lato di circoscrivere l’episodio della barbara uccisione di George Floyd come ascrivibile ad un effetto collaterale della repressione delle masse nere che ora si stanno popolando anche dagli emarginati (si stima siano circa 40 milioni i disoccupati attuali) che subiscono gli effetti del Covid sull’economia. Ma Wall Street continua a produrre eccellenti risultati e questo è quel che conta per gli Wasp e in genere per la middle class americana. Cosa c’entra tutto questo con la Blue Note? C’entra nel senso che la condizione sociale delle minoranze di origine africana, nel corso della storia, si intreccia inevitabilmente alla produzione culturale e musicale. Così come negli anni Settanta quando la musica subì un forte processo di politicizzazione sino ad arrivare ai furori del free jazz. Ma tornando alle origini della Blue Note esistono diverse teorie. Tra le più accreditate c’è quella che vorrebbe la Blue Note come il risultato dell’abbassamento di mezzo tono della terza, della settima ed eventualmente della quinta di una scala maggiore diatonica. Se le tre note sono bemolizzate per comodità di scrittura, questa non ne dà che una approssimazione, l’interprete infatti spreme queste blue note instabili con l’aiuto di inflessioni e di glissando diversi. E ancora, la teoria più tradizionale spiega che le scale pentatoniche africane non avevano i semitoni e quindi che gli schiavi trapiantati in America, disturbati dalla scala maggiore diatonica che ha due semitoni, uno tra il terzo e il quarto grado e l’altro tra il settimo e l’ottavo grado, hanno abbassato questo terzo e settimo grado per ritrovare gli intervalli ai quali erano abituati. La Blue Note è inoltre di colore blu che indica malinconia e tristezza di fondo, blu come blues, blu come la profondità dell’anima. Ma Blue Note indica oggi anche il logo di una label attiva soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta oggi confluita nella Universal con un catalogo della gran parte dei nomi più importanti del jazz. Blue Note è infine il nome di una catena di club diffusi nel pianeta: dal Greenwich Village di New York a Milano, dal Giappone alla Cina, sino a Parigi e Londra.