Bikini, l’indumento che scopre l’ombelico del mondo

PERUGIA – L’ombelico riecheggia antiche simbologie all’origine del mondo. Sull’omphalos e sul suo potere di ispirare le predizioni criptiche dell’oracolo di Delfi, nacque un complesso apparato mitologico che è arrivato come testimone arcaico ai giorni nostri. Ma nella storia e nella progressione del tempo, quell’omphalos in cui si uniscono cielo e terra, quell’ombelico simbolo delle origini terrene e divine dell’uomo che si nutre attraverso il cordone ombelicale e allo stesso tempo simbolo della fertilità del ventre femminile, ha traslato le sue significazioni verso la sessualità, segmento del corpo per secoli quasi celato, nascosto nella preservazione della intimità femminile e infine svelato agli occhi del mondo che progressivamente si è liberato degli antichi tabù. La scomparsa recente di Raffaella Carrà che dell’ombelico aveva fatto un suo tratto distintivo perché ebbe l’audacia di sfidare il bigottismo e di lanciare in avanti una nuova idea di femminilità liberata, è stata in questi giorni nelle rievocazioni dell’icona televisiva, presa a riferimento quale antesignana dei tempi e proiettata in un futuro prossimo che ne ha delineato il profilo di una donna e di un’artista che “oracolava” l’attualità con decenni di anticipo. Quell’ombelico scoperto nel prime time di Raiuno in un’Italia ancora ferma alla desecolarizzazione sociale, ebbe effetti dirompenti sui costumi dell’epoca e sull’emancipazione femminile. Ma a ben guardare quell’ombelico svelato agli occhi del mondo ha origini ben più lontane nel tempo e nell’era contemporanea potrebbe essere datato 5 luglio 1946 quando, al tramonto della Seconda Guerra Mondiale, Louis Réard, ingegnere che lavorava nel settore automobilistico ma che un bel giorno decise di rilevare l’attività di lingerie inaugurata dalla madre, ebbe un’intuizione geniale. Nasceva così il bikini, indumento che intreccia la sua storia agli esperimenti atomici statunitensi alle Isole Bikini, e come una bomba, il bikini arrivò a liberare le donne della costrizione di un monopezzo che ne copriva tutto il ventre e permetteva loro di abbronzarsi là dove sino a quel momento era stato vietato. Bikini, dunque, a turbare e ad alimentare i sogni degli uomini e a creare nuove muse proprio partendo dallo svelamento di quell’omphalos che tornava al centro del mondo. Oggi che si festeggiano i 75 anni della nascita del bikini, è bene ricordare che da quel 1946 liberatorio anche sull’onda degli entusiasmi del dopoguerra, il due pezzi non ebbe vita facile perché continuava ad essere ancora troppo audace e succinto per la maggior parte delle donne. Nei primi anni dopo il suo debutto, inoltre, il bikini venne duramente osteggiato dal Vaticano, che lo dichiarò addirittura “peccaminoso”: bandito ufficialmente da Spagna, Portogallo, Italia, Belgio e Australia, rimase fuori legge anche in molti Stati d’America fino al 1959. Le cose cambiarono quando attrici e modelle cominciarono ad avvicinarsi al bikini: tra le prime ci fu Rita Hayworth. Indimenticabile la statuaria Brigitte Bardot, che alla sua bellissima cascata di capelli biondi abbinava le fantasie di bikini più audaci. Si arriva così agli anni Sessanta in cui il bikini fu completamente sdoganato e nell’era della rivoluzione sessuale – si avvicinava a grandi passi il Sessantotto – il bikini acquisì uno status decisivo anche come prodotto tra i più venduti nel mondo, tanto che diventò il capo di abbigliamento femminile più richiesto nel pianeta. Onore quindi a un indumento che contribuì anche a segnare un vero progresso sociale, ma senza dimenticare che la storia del bikini – come ci ricorda la blogger Irene Bicchielli sul Web – è molto più antica e per molti secoli il vestiario da spiaggia femminile è stato molto coprente. Si deve arrivare agli anni Venti perché Coco Chanel cominciasse a sdoganare gli abiti più corti in spiaggia, addirittura introducendo dei pantaloncini staccati dalla parte superiore del vestito.

Nel 1932, il fashion designer Jacques Heim creò per la prima volta un costume da bagno molto più piccolo rispetto ai modelli esistenti, che all’epoca suscitò non poco clamore: per le sue dimensioni ridotte, non a caso venne ribattezzato l’Atome e pubblicizzato come “il costume più piccolo al mondo”. Si trattava in sostanza di un bikini, ma non venne accolto con grande successo perché considerato oltraggioso e indecente: nonostante ciò, era ancora abbastanza da coprire l’ombelico.

Claudio Bianconi: Arte, cultura, ma soprattutto musica sono tra i miei argomenti preferiti. Ho frequentato il Dams (Scienze e Tecnologie delle Arti, dello Spettacolo e del Cinema). Tra i miei altri interessi figurano filosofia; psicologia archetipica; antropologia ed etnologia; fotografia-video; grafica, fumetti, architettura; viaggi.