Bartocciate e frittelle per dar vita a un Carnevale tra tradizione e innovazione

PERUGIA – In giacca verde e gilet rosso porpora, con le grandi mani pronte ad impugnare il “radicione”, un lungo bastone in legno, ci accoglie all’ingresso della pasticceria B&B in via Annibale Vecchi, la figura del Bartoccio, la maschera tipica del Carnevale di Perugia.

Il burattino, realizzato dalle mani di Mario Mirabassi, è stato posizionato ieri, giovedì 10 febbraio, da Renzo Zuccherini, presidente della Società del Bartoccio, in occasione della presentazione delle Bartocciate Dolci, tipiche frittelle nate nell’800 tra le famiglie più importanti di Perugia.

Le bartocciate sono riproposte seguendo la ricetta originale dell’epoca, ritrovata dallo stesso Zuccherini con lo “scopo di rimetterle in auge, facendole riconoscere come tipicità storica di una ricetta del passato che rappresenta la nostra peruginità”. A differenza del torcolo di San Costanzo infatti, le bartocciate sono meno conosciute dal pubblico nonostante a livello di ingredienti siano molto affini e avendo anch’esse uvetta, pinoli e cedro candito come base.

Latte, uova fresche e marsala completano l’impasto mentre le frittelle sono poi fritte e proposte in due versioni: decorate con zucchero o con miele e scaglie di mandorle tostate.

L’unico cambiamento apportato alla ricetta tradizionale” spiega Barbara Baglioni della pasticceria B&B “è stato l’uso di una farina di tipo 1 semi integrale e non raffinata come immaginiamo potesse essere quella usata al tempo”.

 

 

Il Bartoccio, probabile storpiatura del nome Bartolomeo, fa la sua comparsa a partire già dal 1600 e rappresenta la figura del colono arricchito tipica dell’epoca. Il contadino dell’alta valle del Tevere che dal 1500, divenne una delle vallate più fertili del comprensorio perugino in seguito ad opere di miglioramento agricolo. Questo aumento di lavoro e perciò di denaro, comportò un arricchimento dei mezzadri e la nascita appunto di questa particolare figura che venne poi portata all’estremo e caricaturizzata, come nella miglior tradizione della commedia dell’arte all’italiana: un contadino rozzo ma intelligente e sagace, gioviale e saggio allo stesso tempo.

Inizialmente accettato dall’autorità dell’epoca, i problemi iniziarono quando ci si accorse che il Bartoccio non parlava semplicemente della vita di tutti i giorni e delle buffe vicende familiari che lo vedevano coinvolto con la moglie Rosa e la figlia Suntina, ma attraverso una satira feroce, esercitava una pungente denuncia sociale di ciò che avveniva in città.


Del resto fin dall’antichità indossare una maschera nascondendo la propria identità equivale a diventare altro da sé e autorizza a prendersi quelle libertà di cui spesso si ha paura nella vita quotidiana.

L’uomo è poco se stesso quando parla in prima persona. Dategli una maschera e vi dirà la verità” scriveva Oscar Wilde, e il nostro Bartoccio non fa eccezione, pur non portando una maschera fisica sul volto.
Verità che venivano distribuite su cartigli anonimi scritti in rigoroso dialetto perugino e lanciati sulla folla in maschera durante il periodo del Carnevale, le cosiddette Bartocciate.
In aperto contrasto con i potenti e addirittura con il governo Pontificio che lo dichiarò personaggio proibito nel 1700, il Bartoccio riacquista libertà e vigore durante il Risorgimento, tornando a dire la verità sotto forma di burla proprio come il suo lontano parente partenopeo Pulcinella che, “scherzando e ridendo disse la verità”.
Lo scherzo, l’ironia, sono proprio le caratteristiche della Commedia dell’arte, che affonda le sue radici nella tradizione dei giullari e dei saltimbanchi medievali che allietavano speciali ricorrenze come il carnevale con farse e pantomime chiamate “barcellette”,da cui la moderna barzelletta. Ed è interessante notare come l’etimologia incerta della parola “maschera” possa essere rintracciata nella locuzione araba “maskhara”, cioè “buffone”, che si è evoluta in “mascherata” nel significato moderno di “nascondere o proteggere il viso”.

 

 

La presentazione delle bartocciate, che sarà possibile acquistare fino alla fine del mese di febbraio presso la pasticceria B&B di Elce e nel centro storico presso il Caffè Turreno in piazza Danti, si inserisce nel ricco calendario di eventi che la Società del Bartoccio ha preparato per tutto il mese di febbraio. Appuntamenti che riguardano varie sfere di attività, dal folklore alla gastronomia tra tradizione e innovazione.

Dopo la conferma, per le cause che tutti conosciamo, dell’annullamento del tradizionale corteo di ingresso del Bartoccio in città, sono lo stesso numerosi gli appuntamenti dedicati a questa figura: dallo spettacolo di Graziano Vinti e Ulderico Sbarra fino ad arrivare alla classica conclusione con il grande spettacolo di burattini di Tfu con la regia di Mario Mirabassi che quest’anno si intitola: “Il summio del Bartoccio” (ossia il sogno) .

Avevamo annunciato una sorpresa per i Perugini” dichiara Zuccherini “ed infatti è prevista, per il 20 febbraio presso la Sala dei Notari, la Festa della Canzone Perugina”. L’incontro contempla anche la presentazione del libro di Renzo Zuccherini, con Stefano Ragni e Mirco Bonucci, con una rassegna dei più noti cantanti perugini che eseguiranno canzoni dedicate alla città. “E’ la prima volta che si fa una cosa del genere dopo settanta anni” sottolineano Renzo Zuccherini e Fabrizio Croce.

Altro momento importante è il lancio del progetto “I bambini al centro”: un’ iniziativa della Società del Bartoccio e del Museo del Gioco e del Giocattolo per riportare i bambini al centro della città, non solo in senso figurato come segno di attenzione nei loro confronti, ma soprattutto in senso fisico, per pensare e costruire spazi e attività dedicate ai più piccoli nella Perugia di oggi e in particolare nel suo centro storico.

 

Francesca Verdesca Zain

Redazione Vivo Umbria: