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Avviso ai naviganti Bollettino n° 16

strage di bologna

La morte sconcia di Sergio Secci e la stagione dello stragismo

­­­­TERNI – Di fronte alla morte sconcia e scarnificata di ogni speranza è difficile rimanere imparziali: tutto assume un aspetto diverso, si scorge persino il senso di momenti e di atti che sul momento sarebbero apparsi insignificanti, ma che con quel sentimento che i latini chiamavano “pietas” si risignificano di senso  e contribuiscono a ricollocare lo scomparso in una dimensione affettiva naturale, quasi a sottolineare che il distacco eterno porti con sé di contro anche una memoria, un ricordo, una “visione” del cuore. Sergio Secci era lì, alla stazione ferroviaria di Bologna, dove per un ritardo del treno che lo avrebbe dovuto condurre a Bolzano per l’incontro con il “gruppo teatrale di ventura”, rimase a vagare nell’attesa. Quei maledetti 25 minuti gli furono fatali perché l’inferno era pronto a inghiottirlo. Fu investito dal fuoco e dalle schegge di quella terribile esplosione che produsse 85 morti e 200 feriti e su cui piombò, nel più classico stile dei depistaggi italiani, una cortina di oscurità, di ambiguità, di rinneghi e di mezze verità che finirono nella confusione di nessuna verità soprattutto sui mandanti di quello che rimane uno dei misteri più bui di Italia.
Sono passati 39 anni. Sergio era ternano e a Terni dall’Università di Bologna dove frequentava il Dams tornava spesso per passare momenti di condivisione familiare con il padre Torquato e la mamma Lidia. In quegli anni, stiamo parlando dell’inizio degli anni Ottanta, ero un ventenne con una passionaccia per la musica e per le arti, teatro, cinema, danza. Mi ero avventurato insieme ad un gruppo di amici nell’animazione della vita culturale della città fondando il Blues Island, un centro polivalente in cui si svolgevano varie attività artistiche ma che aveva soprattutto concentrato l’attenzione sulla musica, in particolare sul jazz. Concerti dei big del jazz ne caratterizzarono la programmazione; fu un periodo breve perché le promesse di un supporto di risorse promesso dai politici cittadini in realtà non arrivò mai, ma fu un periodo molto intenso che pose le basi per lanciare il Blues Island come la realtà artistico-musicale più interessante di Terni.
Sergio, ogni volta che gli si presentava l’occasione nelle sue brevi visite familiari a Terni, veniva spesso al Blues Island: ne condivideva le finalità artistiche e sociali, era prodigo di consigli per orientarne la programmazione soprattutto teatrale: il Blues Island in quel breve periodo fu il luogo del confronto e dello scambio di opinioni sull’arte e sul senso delle arti. Furono momenti indelebili che contribuiscono a tratteggiare il profilo di un giovane mite e molto acuto nelle sue osservazioni, un giovane intellettuale che avrebbe potuto dare molto al futuro di Terni. Queste erano le premesse, sino a quel momento in cui l’aria fu squarciata dalle fiamme e gli individui lacerati dalle schegge impazzite. Dal quel 2 agosto alla stazione ferroviaria di Bologna sono passati 39 anni, ma Sergio vive ancora con noi.

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