Il diritto di essere Europeo, l’utopia di non poterlo essere
Con un’affluenza complessiva nazionale del 56,1% ripartita nelle cinque circoscrizioni italiane la Lega vince al Nord, il Pd riconquista il Centro Italia mentre il M5S tiene testa al Sud e nelle isole.
Secondo le proiezioni finali, il Carroccio di Salvini otterrebbe 29 seggi, il Pd 20, il M5s 15, Forza Italia 6, Fratelli d’Italia 5. Si dovrà aspettare domani o mercoledì per sapere con certezza, secondo il nostro metodo di voto, i nomi dei candidati di ciascuna lista che si aggiudicheranno l’Europarlamento. Per il momento, secondo le preferenze, i candidati più accreditati della circoscrizione del Centro Italia per ciascun partito sembrano essere: Salvini, Ceccardi, Rinaldi, Bonfrisco, Adinolfi o Regimneti alla Lega; Bonafe’, Sassoli, Bartolo, Danti, Smeriglio o Gualtieri per i Dm; Ceastaldo, Rondinelli, Nogarin per i Cinque Stelle; Meloni o Procaccini per Fratelli d’Italia; Tajani per Forza Italia. Ci si avvale di opzione quando il candidato è eletto in più circoscrizioni.
Da quel che emerge l’Italia è nettamente spaccata. Il leader della Lega potrebbe optare per nuove elezioni scavalcando il suo attuale alleato di governo (M5S) e sostituendolo poi con il Partito Democratico. Chissà se anche per Zingaretti sarebbe inaccettabile dividere la poltrona con Salvini.
All’indomani dei primi risultati, alla gioia della fazione di destra che ha assestato un colpo ai resistenti eppure amareggiati della sinistra, si sono sommati i vari commenti degli analisti. Qualcuno ha parlato di “anomalia Italia” riferendosi a quello sciame di persone (intese come elettorato e non come insieme di idee) che nello scegliere un partito e un referente piuttosto che un altro – proprio come tanti di noi avevano auspicato, cioè che la gente si recasse alle urne possedendo responsabilità e cognizione – ha di fatto proteso il Paese verso destra, o meglio, verso la comunicazione persuasiva e il linguaggio che Salvini ha adottato da più di quattordici mesi. Quando abbiamo creduto nella democrazia e abbiamo ricordato il sacrificio e le battaglie fatte in passato affinché a tutti e a tutte fosse garantito il diritto alla libera scelta, qualcuno non avvezzo al cambiamento ha forse sperato ingenuamente che l’unica scelta possibile dovesse ricadere sull’Europa, sul Manifesto di Ventotene, sulla <<armonizzazione degli interessi nazionali>> come sosteneva lo scienziato politico Bertrand de Jouvenel, ed è dunque rimasto basito oggi nel vedere disattesi gli intenti e la comune volontà di creare una polis.
<<L’idea di unire i Paesi europei in una polis comune per evitare l’insorgenza di nuove guerre, è stato un progetto, a tratti utopico, coltivato dal Settecento>> si legge nella lucida e competente analisi di Utopia Europa che Nadia Urbinati ha pubblicato per Castelvecchi. Chissà che non ci sia la speranza di un’inversione di rotta. Quanto è stata consapevole la decisione di quell’oltre 43% delle persone aventi diritto non andare a votare?
D’altronde in un Paese che non sostiene né investe nella cultura non possiamo stupirci se all’incoscienza, al proselitismo, in taluni casi all’analfabetismo, la gente sia predisposta a convertire il proprio malessere nei confronti di una società ingiusta in un (non)voto, oppure in un candidato che promette con l’elezione la fine di quelle stesse disparità che hanno reso debole l’uomo e la donna che sceglie. Una debolezza che, si badi bene, non si esprime a causa di una scelta ponderata, in disaccordo ma libera, fatta nei confronti di questo o quell’altro schieramento politico, ma si evince dalle motivazioni che costoro adducono: ad esempio che è un bene chiudere i porti perché il migrante ruba il lavoro, va bene malmenare i giornalisti, o che l’Europa non è più la soluzione di rinascita che rappresentò al tempo di Spinelli perché tutto sommato quello che vuole Bruxelles è comandare a discapito della ruota di scorta Italia.
Quanti si saranno accorti realmente che la manipolazione subdola dei fatti alla ricerca di un capro espiatorio ha preso il posto della visione originariamente cosmopolita e aperta che aveva l’Europa?
Mancando il terreno sotto i piedi, mentre ci spingiamo oltre il nuovo Medioevo, sono chiari i motivi per i quali l’elettore a maggioranza ha scelto la Lega, identificata con Matteo Salvini e la sua oratoria, perché abbia dato fiducia a Giorgia Meloni e ancora a Silvio Berlusconi. Come era anche del tutto prevedibile che i satelliti della sinistra e della destra che non si sono voluti unire nel “listone unico” (nella corsa al seggio penalità evidenti le ha ottenute anche la Bonino che non ha condiviso fino in fondo il Manifesto di Calenda) non abbiano raggiunto la soglia di sbarramento.
<<Il problema è di un ordine internazionale europeo che non esiste, e questo pone i governi e l’intera Unione Europea in una situazione di permanente emergenza […] Il paradosso di questa politica è di delegittimare l’idea stessa di Europa. Ci lamentiamo della poca credibilità democratica delle istituzioni europee, non per ragioni ideologiche quindi, ma per motivi molto pratici>> risponde al giornalista Antonio Fico la Urbinati nel suo libro. E infine aggiunge, nell’attualità dissacrante: <<Il sistema più realistico è anche quello più utopistico. Il Manifesto di Ventotene è più realistico oggi di quanto non lo fosse nel 1940. Questo perché se si vuole preservare l’Unione dei trattati occorre essere radicali. Volere di più per preservare quel che di buono si ha>>.