Quando la musica diventa politica
Arte e politica sono due attività apparentemente in antitesi. L’una alla ricerca del principio assoluto della bellezza e della sue fascinazioni, l’altra che è invece la quintessenza del compromesso, del male minore e del convincimento di un gran numero di persone. Ma non sono rari i casi in cui arte e politica trovano sintesi in un individuo che tende a non disgiungere il proprio ruolo sociale di artista da quello allo tesso modo sociale della ricerca e del perseguimento di ideali per il bene comune. Politici sono stati ad esempio, scandagliando nell’ambito della musica Franco Battiato, assessore della giunta Crocetta, ma anche Gino Paoli, per un breve periodo a cavallo della fine degli anni 80 e l’inizio dei 90 scoprì l’impegno politico e ricoprì anche lui la carica di assessore.
Ora a trovare forti motivazioni per scendere in campo schierandosi come deputato alle prossime elezioni europee è il jazzman folignate Giovanni Guidi: “Mi candido alle Europee – scrive Giovanni Guidi – perché sono un artista, perché voglio far valere le ore di lavoro che ho passato al pianoforte e la sensibilità e la fragilità che ho la fortuna di possedere. Mi candido per inventare qualunque cosa, perché il dono dell’invenzione e della creatività sono sacri ed ora non posso non assumermi la responsabilità di metterli a disposizione.
Mi candido per cambiare il linguaggio, per parlare dei sogni, delle possibilità e dei diritti delle persone.
Dove si vuole risolvere con la violenza e la repressione io cercherò di inserirmi dolce e gentile e mostrare le possibilità infinite dell’intelletto. Cercherò la poesia adatta ogni volta che ci mostrerete le armi, perché l’unica difesa legittima è il confronto.
Voglio girare pagina e smetterla con l’Italia degli elmetti, dei ‘ti mando a quel paese’, dei rottamatori, degli asfaltatori, dei capitani e di chi fa la voce grossa sequestrando esseri umani. Voglio avere la voce sottile e gli occhi accorti che colgono i reali bisogni, desideri e necessità delle persone.
Amo gli italiani e perciò non parlerò mai male di Emergency e di Gino Strada perché ogni giorno con i terremotati loro ci sono e il nostro governo no.
Voglio difendere le famiglie affinché nessun bambino debba ascoltare un linguaggio non consono come quello di alcuni ministri. Da ateo sarò sempre accanto ai cristiani che nel loro giorno di festa hanno bisogno di parole d’amore e non di guerra e meschinità. Come le persone che al mare ora ci vanno affinché non sia più un luogo di morte e salvando 49 persone, come il numero dei milioni che la lega deve agli italiani e che avrebbero dovuto essere destinati ai bisogni degli ultimi.
Voglio parlare di amore, sentimenti, passioni, ambizioni, cultura, desideri dei lavoratori, arte, poesia cinema e teatro.
Anche di musica, magari di musica jazz, che nasce nella terra dove l’Africa e l’Europa si sono incontrate nelle note. Note di dolore, quelle degli schiavi che senza colpa erano dove non volevano stare e quelle di inglesi, irlandesi e italiani che avevano lasciato le proprie famiglie con le lacrime agli occhi. E’ per quegli Italiani disperati e gli africani offesi che sono qui. I porti li apriremo.
Che poi il mondo è tanto bello”.