PERUGIA – Serata multisensoriale quella che si prospetta al Giò Jazz Area sabato 18 gennaio nell’ambito della rassegna Food & Jazz dal Vino che prevede l’incontro tra musica, arte ed enogastronomia. Ad esporre le sue opere nell’ambito di Assaggi d’arte sarà Michela Peccini, con il contributo critico di Andrea Baffoni. In seguito si potranno degustare le proposte dello chef Roberto Bigarini sotto la supervisione di Salvatore De Iaco. Quindi sarà la volta della musica: la serata prevede il concerto del duo Riccardo Arrighini-Javier Girotto (pianoforte e sassofono) in Dialogues. Ne parliamo con lo stesso pianista Riccardo Arrighini.
Come è nata questa partnership con Javier Girotto con il quale sarai protagonista del concerto al Giò Jazz Area sabato prossimo? Se non sbaglio da una collaborazione di vecchia data…
“Sì, infatti. Javier e io ci conosciamo da circa 20 anni, i primi concerti li abbiamo fatti intorno al 2006, lui era ospite del mio trio. Ogni volta mi ripeteva di voler suonare i miei brani, eppure come ospite poteva scegliere di fare ciò che voleva. Come tutti sanno, Javier è argentino e predilige tutte quelle cose che hanno un “sapore” piuttosto latino. Lì capii che c’era un grande feeling anche perché suonò nel mondo passionale che lo contraddistingue”.
Da lì iniziò la vostra avventura sino ad arrivare all’oggi e una sintesi tra mondi musicali affini e complementari come quello argentino e quello italiano che condividono comunque una stessa matrice lirica…
“Sì, ma c’è da dire che sono capitate altre occasioni. In una di queste, dato che io fatto tante cose sull’Opera e il belcanto, che è sempre repertorio nostro e conosciuto in tutto il mondo. Gli proposi Puccini e lui accettò, lo studiò e lo ripropose in maniera meravigliosa, con quel tocco di novità che solo lui sa dare”.
Quindi con un’accentazione diversa…
“Sì, un Puccini filtrato da una punto di vista diverso, da argentino. Poi quando abbiamo avuto l’occasione di questo concerto, ci siamo confrontati sia con il mio agente che noi stessi e abbiamo deciso di avviare un progetto vero e proprio, un progetto che andrà su disco tra non molto”.
Ovvero quando?
“Quasi sicuramente entro la prossima estate. Si intitolerà Dialogues (Dialoghi) e abbiamo pensato di fare proprio dei dialoghi tra la sua musica e la sua”.
Quindi ispirati al melodismo che vi contraddistingue…
“Certo, il mio melodismo italiano e da parte sua, altrettanti brani suoi e cover – come il Piazzolla di turno – dove scaturisca la sua anima argentina. Per quel che riguarda lo stile, lui è molto passionale, molto lirico, molto melodico e quindi non possiamo che pensare che la cosa funzioni”.
Un album per solo duo quindi?
“Sì, quella del duo è una dimensione che amo molto perché posso utilizzare il pianoforte in tutta la sua gamma espressiva, anche in senso ritmico. Mi piace mettermi al servizio ritmico-armonico di un partner, ma in maniera molto creativa. A volta suonare molto intensamente, altre non suonare per niente”.
Dunque ci dobbiamo aspettare una sintesi rispetto a due approcci culturali e musicali diversi condividendo comunque le affinità liriche e melodiche…
“Terrei a porre l’accento su un fatto: il jazz è ormai lingua internazionale come l’inglese, si insegna in tutti i conservatori del mondo. Una lingua nata con gli afroamericani, ma che attualmente viene parlata in tutto il mondo compreso il mondo “latino”: basti pensare a Tom Jobim che ha mutuato tutti gli stilemi degli americani e ci ha costruito sopra la bossanova. Significa che è un linguaggio che si può adattare anche a tutte le altre etnie. E che è altrettanto valido di quello dei afroamericani. Che in fin dei conti cosa hanno fatto? Hanno preso il linguaggio dei bianchi e ne hanno fatto una cosa loro. Io credo che quando si suona noi latini, in realtà facciamo un po’ quello che hanno fatto gli afroamericani. Noi a nostra volta, prendiamo qualcosa dagli afroamericani, poi gioco-forza ne facciamo una cosa nostra. Credo anche che tra gli italiani e gli argentini ci sia una grande affinità, anche nella direzione musicale, che è molto più melodica. Generalmente quando si sente suonare un latino, la melodia viene fuori da sé e il climax, questa passione che esplode io la sento quasi sempre dai musicisti latini e un po’ meno dagli americani che fanno del loop ritmico il loro focus. Sarà insomma un concerto melodico, tecnico per certi versi, ma anche potente”.