PERUGIA – E’ stato il Procuratore generale reggente Claudio Cicchella a inaugurare stamani l’anno giudiziario in Umbria. Dalla sua relazione, i chiari effetti della pandemia anche sul fronte Giustizia per il rallentamento inevitabile dei processi sia per le restrizioni governative che per i contagi che hanno colpito giudici, avvocati e personale degli uffici in generale. Rilevato il poco utilizzo del rito abbreviato per la poca consistenza dell’eventuale sconto di pena a meno che l’evidenza del reato sia evidente e passibile di sicura pena detentiva. Nota dolente la difformità di giudizio fra il tribunale di Perugia e quelli di Terni e Spoleto, sui reati relativi al traffico di stupefacenti e a quelli dei colletti bianchi: il tribunale del capoluogo è, per così, dire, più indulgente.
IL PESO DELLA PANDEMIA
“Il 2020 – spiega Cicchella – è stato un anno caratterizzato dal contrasto, non ancora superato, alla pandemia. Fenomeno – ha detto il Procuratore – che ha avuto delle ricadute importanti sull’attività di tutti gli uffici giudiziari del distretto. In tutte le relazioni che ci hanno fatto pervenire i Procuratori della Repubblica del distretto è evidenziato un calo di produttività in parte dovuto ad una serie di provvedimenti che sono stati adottati dal Parlamento e dal Governo ed in parte conseguente ai contagi che hanno colpito magistrati, polizia giudiziaria e personale amministrativo, in servizio negli uffici. Calo delle iscrizioni e della trattazione dei procedimenti solo in parte mitigati dal ricorso a collegamenti ed udienze da remoto e dall’impiego di applicativi informatici”.
Ad una prima fase caratterizzata da una sospensione quasi totale delle attività, erano escluse solo le urgenze ed i processi con detenuti, dopo la pausa estiva, si è fatto ricorso a soluzioni mirate a ridurre le presenze nelle aule penali. Dal dicembre 2020 la trattazione in presenza dei processi fissati dinanzi alla Corte di Appello si è notevolmente ridotta ed oscilla tra il 20 ed il 30 per cento ad udienza”.
PRESCRIZIONE: L’ANNO DELLA RIFORMA
Il Procuratore Cicchella ha poi affrontato il tema della riforma legata alla prescrizione dei reati.
“Il 2020 è stato anche l’anno in cui è entrata in vigore la riforma della prescrizione. L’urgenza legata alla pandemia – prosegue il Procuratore – ha sopito le polemiche che la riforma aveva occasionato. Non si hanno comunque notizie di conseguenze negative sull’attività degli uffici del distretto derivanti dall’entrata in vigore delle nuove norme. Non risulta che l’imprescrittibilità dei reati commessi dopo il 1.1.2020 nell’ipotesi di condanna pronunciata in primo grado, abbia influito sui tempi di fissazione delle udienze di trattazione dei processi di appello, come era stato invece paventato prospettando l’ipotesi di un processo penale infinito. È comunque vero che le conseguenze della riforma si vedranno soprattutto tra qualche anno.
Ciò detto i prospetti statistici ministeriali aggiornati alla data del 5 ottobre 2020 evidenziano ancora una percentuale troppo alta di processi di primo grado definiti con sentenze dichiarative dell’estinzione dei reati per prescrizione. Sul punto questa Procura Generale non può non rilevare le differenze che emergono tra i tribunali del distretto. Mentre i tribunali di Perugia e Spoleto, tra il monocratico ed il collegiale, hanno percentuali che si attestano intorno al 30 per cento (32,4 % Perugia 34,1 % Spoleto) il Tribunale di Terni ha una percentuale decisamente inferiore, pari al 4 per cento.
In Corte di Appello la percentuale dei processi esauriti con sentenze di non doversi procedere per prescrizione è pari al 19,7 per cento sul totale dei processi definiti”.
RITO ABBREVIATO SNOBBATO
Il rito abbreviato? Non vale la pena, verrebbe da dire, nel senso che non se ne fa uso ad esclusione dei casi in cui la condanna pare evidente.
“I prospetti statistici – afferma Cicchella – evidenziano una percentuale troppo bassa, rispetto a quella auspicabile, di processi definiti con l’applicazione di pena su richiesta o con le forme del rito abbreviato.
Le pene comminate dai giudici all’esito dei processi celebrati con il rito ordinario troppo spesso non sono più elevate di quelle comminate all’esito di processi celebrati con le forme del rito abbreviato o applicate su richiesta. Difetta un reale vantaggio in termini di sconto di pena per chi opta per i riti speciali. O specularmente non c’è alcun svantaggio per chi sceglie d’essere processato con il garantito rito ordinario. E ciò ha inevitabili riflessi sul ricorso ai riti alternativi e quindi sulle potenziali ricadute deflattive che il legislatore aveva immaginato disegnando il nuovo codice di rito. Un’amara considerazione si impone: il ricorso ai riti alternativi è più frequente solo quando si appalesa elevato il rischio di dover effettivamente scontare una pena detentiva ed assume concretezza il vantaggio derivante dall’applicazione degli sconti di pena previsti dal legislatore mentre marginale è la scelta di detti riti quando è incerta o nulla l’effettività della pena o probabile è una pronuncia estintiva per prescrizione”.
DROGA E REATI FISCALI: PERUGIA PIU’ “INDULGENTE”
Delicata la questione della difformità di giudizio sui cosiddetti reati dei colletti bianchi, così come in quelli del traffico di droga, che vedono il tribunale di Perugia più “indulgente” rispetto a quelli degli altri distretti.
“I Tribunali del distretto – illustra con chiarezza Cicchella – per fatti di pari gravità comminano pene molto diverse specialmente in relazione a reati concernenti il traffico di sostanze stupefacenti. Più miti le condanne pronunciate nel Tribunale del capoluogo di regione rispetto a quelle pronunciate dagli altri due tribunali. Un dato oggettivo su cui riflettere se si considera che Perugia molto spesso a torto o a ragione è stata considerata una sorta di hub cui fare riferimento per il reperimento di sostanze stupefacenti.
Il fenomeno è ancor più accentuato se si confrontano le pene applicate nel distretto per reati di elevato allarme sociale quali bancarotte fraudolente e reati fiscali, con quelle comminate nei distretti limitrofi e rilevabili nei processi rinviati dalla Suprema Corte di Cassazione, spesso solo per la rideterminazione della durata delle pene accessorie.
Si ha la percezione che nel distretto umbro la gravità del fenomeno criminale relativo ai reati dei cosiddetti “white collars” (colletti bianchi) sia in effetti sottovalutata.
La disomogeneità della risposta punitiva può essere soltanto evidenziata ma non emendata perché con la riforma del sistema delle impugnazioni penali operata dal legislatore nel 2018 è stata fortemente limitata la possibilità per il pubblico ministero di impugnare le sentenze di condanna”.
SANITOPOLI E PALAMARA
Cicchella ha voluto salutare con affetto e stima “il procuratore generale Fausto Cardella e il consigliere Giuliano Mignini che hanno concluso nel 2020 una prestigiosa ed onorata carriera”. Poi ha rivolto un ringraziamento ai colleghi per la professionalità dimostrata in particolare in relazione a due procedimenti di portata nazionale anche per l’effetto mediatico che hanno comportato.
“Da ultimo questa Procura Generale non può non rilevare l’elevata professionalità dei magistrati della Procura della Repubblica di Perugia – ha affermato Cicchella – che hanno esercitato l’azione penale in due procedimenti aventi ad oggetto fatti di particolare gravità. Mi riferisco al procedimento che ha visto coinvolti i vertici della regione Umbria per vicende riguardanti alcuni concorsi nella sanità (Sanitopoli ndr.) e all’altro procedimento che vede imputato, tra gli altri, un ex consigliere del CSM (Luca Palamara ndr.)e che ha avuto ed ha una vasta eco mediatica per il fatto d’aver disvelato dinamiche e comportamenti inaspettati, ancor più gravi se ascritti a soggetti appartenenti all’ordine giudiziario”.