TERNI – “Ci siamo dovute contare” ci racconta Irene Loesch attrice, autrice e regista, da sempre attiva sulle tematiche dei diritti, a proposito del flash mob di ieri sotto a Palazzo Spada. “Eravamo in poche, distanziate e nonostante tutto in tanti si sono fermati, soprattutto i giovani.” Anche la Casa delle Donne di Terni ha aderito alle “Zone Fuxia” per opporsi alle modifiche della Legge regionale 11/2015 in materia di sanità e servizi sociali. L’iniziativa è stata promossa in tutta la Regione dalla Rete Umbra per l’Autodeterminazione, nata in seguito al provvedimento della governatrice Tesei di impedire l’uso della pillola abortiva negli ospedali umbri. Hanno aderito anche dalle Marche. In Umbria e Marche, governate da giunte di destra, le donne stanno facendo i conti con continui attacchi ai propri diritti. In entrambe le regioni, la lotta è contro la recrudescenza del più retrivo oscurantismo cattolico pronto a attuare versioni locali del ddl Pillon. La Tesei, solo lo scorso dicembre, a seguito dell’intervento del Ministero della Salute, si è adeguata alle direttive nazionali che aveva ignorato nei mesi precedenti.
A un anno dal primo lockdown, le statistiche mostrano una situazione femminile drammatica. Nel 2019 il 34% degli omicidi, riguardava donne. Nel 2020 i femminicidi sono saliti al 44% (Fonte: Il Sole 24 ore). Lo scorso anno, 312 mila donne sono rimaste senza occupazione, il 70% di chi ha perso il lavoro (Fonte: Istat). “Il lavoro delle donne è soprattutto di cura, non legato alla grande industria. Si occupano di commercio, di turismo, di ristorazione, i settori che hanno risentito di più della pandemia” sottolinea Carla Arconte, storica e vice presidente dell’Isuc, l’Istituto per la Storia dell’Umbria Contemporanea. “Con la pandemia sono le donne che si occupano di più dei figli e dei genitori anziani. Basti pensare che nell’ultimo anno le ricercatrici donne hanno pubblicato meno dei colleghi uomini.” Arconte, che sta preparando l’uscita della seconda edizione della Guida di Genere su Narni, ci fa notare come “Per certi aspetti, stiamo tornando indietro rispetto alle conquiste del passato. Se si verifica una maggiore femminilizzazione in alcuni settori lavorativi – si pensi all’istruzione, dove maestre e insegnanti sono in maggioranza – dall’altro lato c’è una fuga dai lavori quando questi si femminilizzano. Gli uomini li lasciano, come se la presenza femminile sottraesse prestigio alla professione.” Leosch ci ricorda che l’uguaglianza fra i generi è stata inserita nell’agenda 2030 dell’Onu per il superamento della povertà. “Non basta essere d’accordo” dice. “Bisogna essere concreti. I diritti vanno coltivati e esercitati tutti i giorni perché il patriarcato riguarda donne e uomini. Non esiste una contrapposizione: quella per i diritti è sempre una lotta, dove vorremmo avere gli uomini al nostro fianco.”
A Terni, fino a qualche anno, tutto il mese di marzo era dedicato alle iniziative per celebrare la donna. Una tradizione inaugurata dall’allora assessore alla Cultura Sonia Berrettini. “Presentazioni di libri, discussioni, spettacoli. Un calendario in cui confluivano iniziative di posizioni politiche diverse.” ricorda Arconte. Un’esperienza che è andata avanti con Simone Guerra e che ormai si è interrotta. Con Guerra, sette anni fa è nata la Casa delle Donne, che oggi rischia di non avere neanche più la sede che come per molti altri centri associativi, è andata a bando. Nonostante le distanze, lo Sportello della Casa delle Donne di Terni, è rimasto attivo due volte alla settimana in presenza, dal momento che il Comune l’ha riconosciuto come servizio essenziale. Domani pomeriggio, alle 18 la Casa delle Donne di Terni festeggerà il suo compleanno con un brindisi virtuale, perché “anche a distanza non rinunciamo a incontrarci.”
Se per lo scorso San Valentino, il Comune ha comunque proposto la terza edizione della Valentine Fest in streaming aprendo la partecipazione alle associazioni cittadine, per la Giornata Internazionale della Donna, non c’è stata alcuna chiamata alle armi. Di fatto quella di domani a Terni, sarà una giornata di pochissimi incontri sporadici e, necessariamente, simbolici. Alle 17 in streaming, ci sarà l’evento promosso dalla Bct sifilicomio, su uno degli aspetti oscuri della storia locale, quella del sifilicomio di Largo Manni in cui venivano ricoverate le prostitute nei primi anni dell’Italia unita. Un argomento delicato da trattare in occasione dell’otto marzo. Christian Armadori, lo storico locale che per primo ha condotto l’indagine, ci dice di come abbia “voluto tirare fuori una pagina imbarazzante della nostra storia, per rendere le persone più consapevoli.”
Sara Costanzi