PERUGIA – Torna questo fine settimana l’irrinunciabile appuntamento con la Fiera dei Morti, festa perugina per eccellenza, attrazione turistica ed espressione della città.
E’sicuramente interessante conoscere l’antica storia della fiera, che nasce nell’ XI secolo e di cui si ritrovano tracce negli annali cittadini fin dal 1260. Del resto cercando in internet o, per i più volenterosi, andando in biblioteca, trovare notizie storiche e curiose sulla fiera dei morti è molto semplice. Non per questo non si può non rimanere affascinati immaginando la fiera ai tempi della sua nascita, che affonda le sue radici nel medioevo, e del suo sviluppo, quando l’isolata Umbria era veramente una regione impervia e difficilmente raggiungibile. Nonostante questo però, il grande mercato che veniva allestito richiamava visitatori da tutta Italia che partivano e si incamminavano per recarsi a quest’evento importante, tra pioggia e nebbie, gli zoccoli dei cavalli che rumoreggiavano sui pavimenti in pietra o venivano smorzati dalle foglie cadute.
La fiera, il cui nome era inizialmente Fiera di Ognissanti si svolgeva nei pressi di Porta San Pietro, una delle porte medievali della città situata alla fine dell’attuale corso Cavour. Interrotta solamente durante l’epidemia di peste che colpì Perugia ma ripresa nel 1530, dal 1600 la Fiera viene denominata dei defunti, mentre nell’800 prende il nome consueto di Fiera dei morti.
Nasce principalmente come opportunità di scambio e commercio di bestiame e prodotti agricoli e, come tutti gli eventi importanti dell’antichità, era strettamente legata ai cicli delle stagioni: con il mercato infatti la popolazione aveva la possibilità di vendere ciò che aveva raccolto e comprare ciò di cui aveva bisogno in vista del lungo inverno. Fonte di guadagno quindi, ma non solo. Il contatto con realtà diverse, gli ambulanti, i teatranti, i cantastorie che viaggiavano in lungo e in largo per il paese, rompeva l’isolamento della comunità umbra portando notizie e curiosità dal mondo, permetteva la circolazione di notizie ed era opportunità di crescita ed evoluzione.
Era inoltre teatro di eventi ludici come la caccia al toro, la corsa all’anello e la corsa del palio ma soprattutto portava con sé la voglia connaturata dell’uomo di stupirsi e di meravigliarsi: era l’appuntamento con le abilità fuori dal comune di giocolieri e saltimbanchi, l’occasione per trovare merci insolite ed attrezzi inconsueti che non avevano a che fare con la quotidianità per riappropriarsi così di quella curiosità che è anche voglia di vivere e stimolo per l’apprendimento.
Qualità trasformate ed in parte perse nel corso degli anni anche se qualcosa perdura nello sfavillio dei baracconi, nella ricerca di un regalo originale tra la moltitudine di merci, nell’incontrarsi tra i banchi gremiti… Perché se è vero che in molti hanno perso la facoltà di stupirsi e che oggi ben poco è rimasto di “introvabile” la fiera continua ad attirare persone da tutta la regione e non solo e ad unire chi alla fiera è legato con emozioni speciali, i perugini.
Alla fiera bisogna andarci, magari lamentandosi del caldo, del freddo, della pioggia o del traffico, ma anche questo fa parte del gioco.
La fiera ci trasporta indietro nel tempo e ognuno di noi ne ha un suo particolare ricordo. Per me è mia nonna che partiva a piedi da Elce con la sua amica vicina di casa per andare a “fare la fiera” e mio nonno che la aspettava in macchina con la Prinz. Ma anche“Il sacchetto di castagne, caldo, da stringere per scaldare le mani gelate”, “la mela stregata, lucida e rossa”, “stare insieme ai miei genitori”, “l’odore del croccante”…
Solo alcuni dei ricordi raccolti tra diverse persone, giovani e meno giovani riguardo La Fiera dei Morti, perché è molto interessante conoscere la storia di questa tradizione ma lo è ancor più entrare nell’immaginario e nei ricordi di chi la fiera la vive e l’ha vissuta e ne conserva memoria nel cuore.