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Aeroporto "San Francesco": quale futuro?

ASSISI – Non è mai decollato davvero. Ci ha provato più volte. E non demorde. Questo è già importante. Nell’ultimo trimestre l’Aeroporto Internazionale dell’Umbria-Perugia “San Francesco d’Assisi”, in effetti, aveva dati interessanti: a novembre 2019 sono transitati oltre 16.000 passeggeri con un aumento rispetto al 2018 del 46,2% e a dicembre 2019 aveva tenuto il trend con un incremento minore ma sempre del 20,3% in più, rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Era iniziato bene anche il nuovo anno con un incremento del 28,6% di passeggeri e del 53,9% dei voli rispetto allo stesso mese del 2019.
Il fronte delle “Partenze-Arrivi” ha creato in effetti non pochi problemi alla Gestione Sase, incidenti di percorso incresciosi con interlocutori talvolta “improvvisati” che hanno portato  contenziosi dolorosi e incresciosi. Comunque prima del pandemio Covid, le rotte  erano salite a 9: Londra Heathrow, Londra Stansted, Rotterdam, Vienna, Malta, Catania, Milano Linate, Tirana e Bruxelles.

Il San Francesco si è anche rifatto il look con un investimento di 42 milioni di euro e l’immagine che ne è derivata non è per niente male. Avrebbe grandi potenzialità anche per la centralità della collocazione della pista che sta sulla piana di Assisi, anche questa una carta potenzialmente interessante se non vincente. Se si va poi ad analizzare la strategia di rilancio della nostra regione per il turismo che tornerà, si spera, questa prerogativa potremmo definirla vitale. Anche per quelle arti. per quelle opportunità culturali, paesaggistiche e archeologiche che possiamo vantare e sulle quali si può certamente contare. Ma proprio in relazione all’effetto Coronavirus, ora la domanda più impellente è: quale futuro ha il nostro aeroporto?

A rilanciare la questione è stata ieri nell’assemblea del Consiglio comunale di Perugia Francesca Vittoria Renda (Blu).

Ha posto all’attenzione dell’assemblea perugina, in testa il sindaco Andrea Romizi, tre elementi: “comprendere qual è la strategia della Sase per fronteggiare la grave crisi economica causata dalla pandemia sanitaria Covid-19. La seconda farsi promotori con la regione Umbria presso le strutture competenti per trovare fondi adeguati per fronteggiare le perdite dovute dalla contrazione dei voli a causa del blocco dei movimenti causato dalla pandemia Covid-19. Terzo: sollecitare la Regione Umbria ad investire sull’Aereoporto San Francesco perché si attui appieno il suo ruolo strategico nello sviluppo del turismo regionale promuovendo anche un adeguato piano di marketing territoriale”.
La premessa di Francesca Vittoria Renda è stata peraltro articolata per inquadrale in maniera globale la situazione e, pertanto, il perché delle sue richieste: “La IATA (International Air Transport Association), l’organizzazione mondiale delle aerolinee commerciali ritiene che le compagnie aeree vedranno ridursi i loro ricavi di 314 miliardi di dollari, registrando una contrazione del 55% rispetto al 2019, stimando che si perderanno 25 milioni di posti di lavoro e che il debito globale del settore aereo potrebbe salire a 550 miliardi di dollari entro la fine dell’anno. La compagnia statunitense American Airlines – ha aggiunto – ha licenziato 5.000 dipendenti pari al 30% del suo organico. Ryanair prevede che ci vorranno degli anni affinché la domanda dei passeggeri torni alla normalità e per questo valuta riduzioni salariali fino al 20% e tagli che riguarderebbero principalmente piloti e personale di bordo. Alex Cruz, amministratore delegato di British Airways, pochi giorni fa ha annunciato che, entro la fine dell’anno, 12 mila dipendenti perderanno il lavoro e che nemmeno i contributi statali potranno essere sufficienti per salvarli. La scandinava Sas, sopravvissuta a varie vicissitudini nel corso delle periodiche crisi dell’aviazione, ha programmato un taglio di 5.000 posti, pari alla metà dei suoi dipendenti. Dal Medio Oriente le due compagnie degli Emirati Arabi Uniti, Emirates e Etihad, affermano che l’85% delle compagnie mondiali rischia la bancarotta entro la fine dell’anno se non saranno erogati sostegni finanziari pubblici e – che Alitalia ha messo in cassa integrazione 6.826 lavoratori pari al 61% del suo organico”.
Quadro fosco. Anzi nerissimo. Chiarissima la domanda: confidare in, pardon, nel “San Francesco”?

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