ROMA – “Ho l’orgoglio di avere iniziato questa splendida avventura in un momento di grave declino della manifestazione e di essere riuscito con l’aiuto di tutti a riportarla in vita”: è uno dei passaggi del saluto di Giorgio Ferrara quando dopo 13 anni lasciava a Monique Veaute la guida del Festival di Spoleto che lui aveva contribuito in maniera determinante a risollevare dalle ceneri in cui era precipitato dopo la gestione di Francis Menotti. In quella occasione diede merito ” prima di tutto alla mia straordinaria squadra di collaboratori, delle maestranze, dei tantissimi artisti nazionali e internazionali, del pubblico sempre in crescita, dei sostenitori pubblici e privati, che mi hanno accompagnato in questi anni”. Anche loro ora piangono Giorgio Ferrara dopo la notizia della sua morte, oggi pomeriggio, a 76 anni, . Era ricoverato in ospedale a Roma per una malattia che lo affliggeva da tempo. Le esequie si terranno al Teatro Argentina sabato 20 maggio alle ore 12.30.
L’Umbria, non solo Spoleto, lo ricorderà a lungo. Personalmente, di lui, al di là delle conferenze stampa durante il Due Mondi, ricorderò l’opportunità di un incontro nell’ambito di il Cortile di Francesco, nella Sala Stampa del Sacro Convento e in videocollegamento con la Piazza Inferiore San Francesco, quando fui chiamato a moderare un dibattito con lui e suo moglie Adriana Asti, era il settembre del 2020, sul tema “I confini del teatro“. Ferrara aveva lasciata da poco la direzione del Due Mondi, e il Covid mordeva ancora. Le sue furono parole di grande lucidità.
“Sono arrivato in un momento di crisi profonda del Due Mondi raccontò – la città non sapeva se la manifestazione nata con Menotti avrebbe potuto continuare addirittura a sopravvivere. Tra gli spoletini regnavano lo scoramento e la sfiducia. Mi sono messo al lavoro assicurandomi la collaborazione di Luca Ronconi al quale devo molto della mia carriera e Bob Wilson, rimanendo nel solco tracciato dal maestro Menotti che voleva le espressioni di tutte le arti, cercando però di dare più spazio e forza al teatro. Sono riuscito a recuperare il festival e oggi posso dire che tutti i più grandi della scena internazionale in questi tredici anni sono passati di là”. Poi l’attacco al sindaco di allora De Augustinis: “E’ un peccato che la sorte di manifestazioni di tale portata siano nelle mani delle amministrazioni locali, con sindaci che hanno prerogative che non hanno nulla a che fare con lo spettacolo dal vivo e non ne capiscono le dinamiche. Un magistrato che può sapere di teatro?”. E puntò espressamente l’indice contro quella che riteneva una inaccettabile anomalia, un insinuarsi della politica inaccettabile: “A capo delle fondazioni che rappresentano i festival di questa portata non possono starci i sindaci ma cloro che rappresentano il mecenatismo illuminato, per questo mi sono battuto affinché il ruolo fosse affidato, nel caso del Due Mondi, a Carla Fendi”. Quando sottolineai che avevo molto apprezzato nel saluto prima del concerto di Riccardo Muti il suo “arrivederci” invece che un prevedibile e anche comprensibile “addio” al pubblico, mi risposte, sorridendo: “Non si sa mai”.
Addio, maestro Ferrara. Grazie per quanto ha fatto per questo Festival straordinario che il Due Mondi e per la nostra Umbria. Spero che qualcuno, a giugno, si ricordi di lei.