ORVIETO – Luigi Viva e il progetto Viva De André tornano, rinnovati, a Umbia Jazz Winter#30 l’1 gennaio 2024 proprio perché da Orvieto cinque anni fa, mosse i primi passi.
Ne parliamo con l’ideatore dello spettacolo “VIVA/DE ANDRÉ”, Luigi Viva, che tra l’altro su De André ha scritto due libri, “Non per un dio ma nemmeno per gioco” e “Falegname di parole – le canzoni e la musica di Fabrizio De André”, editi da Feltrinelli.
Sì è un ritorno – afferma Luigi Viva – perché proprio cinque anni fa l’esordio effettivo di questa formazione avvenne il 1° gennaio di 5 anni fa.
– Con novità: l’apporto di Danilo Rea, ad esempio.
Sì, i suoi interventi al piano solo sono inseriti all’interno del racconto e probabilmente suonerà qualche brano insieme alla band.
Una band con qualche cambiamento?
Due rispetto al 2019. Il pianista che è Alessandro Gwis, tra l’altro collaboratore di Samuele Bersani e Aires Tango e il perugino Francesco Poeti al basso.
Rimangono Pietro Iodice alla batteria, Francesco Bearzatti al sassofono e clarinetto, e la direzione musicale, gli arrangiamenti e alla chitarra c’è Luigi Masciari che ha cofirmato con me il cd delle musiche che abbiamo inciso in studio al quale hanno partecipato Giulio Carmassi che suonava con Pat Metheny e Michael League degli Snarky Puppy.
– Anche lo spettacolo è un po’ cambiato, mi sbaglio?
No, lo spettacolo è molto cambiato rispetto ad allora. C’è sempre il racconto, però ci sono dei contributi audio nuovi di Fabrizio, delle foto nuove. Ho lavorato soprattutto sulle cose vecchie. La gran parte del materiale che viene proposto è inedito, sia degli audio che delle foto.
– La scaletta dei brani ricalca quella del cd del 2022, giusto?
Sì, esatto. Il Valzer per un amore, Creuza de Ma, La Canzone di Marinella, Il Bombarolo, La Guerra di Piero, Megu Megun, Canzone per un amore perduto, la Città Vecchia e il Pescatore che faremo in chiave funk, ma non a fine concerto, noi lo facciamo a metà perché il finale dello spettacolo è un po’ particolare e speriamo possa ispirare il pubblico che esce dal teatro pensando. Poi Danilo Rea interverrà con delle parti di piano solo.
– Ma cosa significa proporre oggi Fabrizio De André?
Diciamo che il messaggio di Fabrizio è sempre attuale e riparlarne a distanza di 25 anni dalla morte (l’11 gennaio ricorre l’anniversario della scomparsa), assume un aspetto particolare. Nello spettacolo ho inserito un estratto del libro quando io parlo della sua attenzione nei confronti dei diseredati, delle prostitute, del sottoproletariato e faccio riferimento agli “sconfitti del potere” che lui corresse scrivendo “gli ignorati e perseguitati dal potere”. Un messaggio ancora attuale, infatti nello spettacolo cerco di evidenziare questo impegno civile e politico, questa sua sensibilità che ancora oggi ci sarebbe stata utile per stigmatizzare le contraddizioni di un mondo diventato ormai superficiale e blando, poco pensante.
– Oltre a riscoprire un aspetto forse poco conosciuto dell’apprezzamento di De André per il jazz.
Questo è un aspetto che ho evidenziato nei miei due libri su De André. Lui ha suonato jazz, la chitarra, per quasi cinque anni in un gruppo che si chiamava Modern Jazz Group, uno dei gruppi più in voga a Genova tra i gruppi jazz. Lui era appassionato di Jim Hall e mi raccontò che aveva sempre pensato di fare una versione cantata dell’album Jimmy Giuffre 3, tant’è che quando stava preparando l’ultimo disco “Notturni”, che poi non è uscito perché lui è mancato prima, aveva dato mandato a Marc Harris di lavorare le musiche ispirandosi all’album di Jimmy Giuffre. Quindi il legame con il jazz era già evidente a quei tempi. Aveva un senso del tempo notevole e in qualche brano della sua produzione è evidente la passione per il jazz.