SPOLETO – Stasera, 18 febbraio, originalissimo, straordinario omaggio a Lucio Battisti: “Pensieri e parole”. Appuntamento musicale di Umbria On Stage – Interferenze di Athanor Eventi ore 21.15 al Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti, propone il progetto musicale che vede insieme Peppe Servillo alla voce, Javier Girotto al sax, Fabrizio Bosso alla tromba, Furio Di Castri al contrabbasso, Rita Marcotulli al pianoforte e Mattia Barbieri alla batteria.
Gli arrangiamenti di Javier Girotto e il genio teatrale di Peppe Servillo riescono a tracciare un nuovo percorso, suggestivo e inaspettato, attraverso venti grandi canzoni firmate da Lucio di Battisti.
Un percorso ricco di sapori latini, ritmi avvolgenti, storia, emozioni e grande pathos.
Da “Il mio canto libero” a “E penso a te”, la maestria di Peppe Servillo, Rita Marcotulli, Javier Girotto, Fabrizio Bosso, Furio di Castri e Mattia Barbieri si mette al servizio di questo straordinario autore, abbattendo i confini che separano il mondo della canzone da quello del jazz e dell’improvvisazione per portare il pubblico in un territorio aperto: quello della grande musica, diventata di fatto un patrimonio culturale collettivo, e della magia dei suoni. Scopriamo ancora di più n questa intervista a Peppe Servillo.
Cantare e suonare, o meglio ri/cantare e ri/suonare Battisti, un compito impegnativo soprattutto per quello che Battisti ha lasciato all’immaginario collettivo.
Mi sbaglio?
“Assolutamente, molto impegnativo perché da interprete ci si confronta con un autore straordinario, parlo non solo di lui, ma anche di Mogol, estremamente popolare, ma estremamente personale sia nella cifra stilistica, sia per quanto riguarda la composizione musicale, sia per il modo di interpretare, con una voce che qualcuno all’epoca erroneamente considerava straziata e che invece conteneva in sé proprio un sentimento nuovo”.
Cantare Battisti rappresenta anche riaprire un capitolo nella storia della musica italiana, sicuramente irripetibile con caratteristiche specifiche: l’era del passaggio dagli anni Settanta, agli Ottanta e Novanta del secolo scorso…
“Sì, ci ha accompagnato per lungo tempo, è stato un autore estremamente importante e noi cerchiamo con il linguaggio dell’improvvisazione del jazz con una chiave latina che è quella che ha scritto Javier Girotto che ha curato gli arrangiamenti, di portare Battisti verso un mondo che presumiamo che per certi versi avrebbe abitato. Mi viene in mente un magnifico disco prog strumentale che è Anima Latina. In quegli anni capitava che molti cantautori volgessero lo sguardo o verso la musica latina o verso la musica popolare, cercando una chiave di identità e allo stesso tempo di originalità. Forse anche Lucio Battisti ha fatto questo percorso, anche se a lui la cifra personale non mancava, perché aveva una scrittura molto particolare.
Anche la chiave metrica, che è stata la difficoltà più grande da affrontare, rende a maggior ragione originale la sua scrittura. Sia, penso a dischi come Una donna per amico, Una giornata uggiosa; sia nell’espressione più moderna sua con Panella, come Don Giovanni, La sposa occidentale e così via”.
Mogol e Battisti, ma anche Panella e Battisti quindi?
“Solo un episodio di Battisti e Panella, a rimarcare il fatto che anche in quella fase il suo repertorio è stato amatissimo, però abbiamo cercato in qualche modo di affrontare i temi più popolari che non vanno evitati, ma anche i titoli apparentemente minori perché anche quelli stanno a dimostrare il valore di scrittura di un autore importante come Battisti.
Un altro criterio di scelta adottato – prosegue Peppe Servilllo – è stato quello di selezionare brani in base alle nostre capacità di elaborarli e anche pensando ai passaggi di atmosfera che il repertorio suggerisce in una chiave sia lirica e allo stesso tempo popolare”.
Il suo naturale approccio teatrale alla forma canzone le ha facilitato il compito, oppure no?
“Sono un interprete di voce, amo la pronuncia, amo la messa in scena della canzone.
Penso che la canzone abbia una radice profonda in questo e questo vale anche per il repertorio dei nostri cantautori più importanti.
La canzone fatta in qualche modo per il palcoscenico, quindi la dimensione teatrale è propria di qualsiasi canzone, di qualsiasi modo di interpretarla, poi c’è che accentua questo aspetto e chi meno, però in questo momento posso sicuramente avvantaggiarmi di una ricchezza musicale che è offerta da musicisti di jazz straordinari”.
Bosso, Marcotulli, Di Castri, Barbieri, come a dire il top del jazz italiano riunito attorno a questo progetto…
“Sì, a un’idea di canzone popolare di cui il jazz si è sempre nutrito, ma che positivamente offre il fianco anche al linguaggio dell’improvvisazione che è tipico del jazz”.