SPOLETO – Nei dintorni di Spoleto una miriade di castelli e abitati degni di essere conosciuti e visitati. Dopo Bazzano superiore e Bazzano inferiore questa volta ci spostiamo più nell’entro terra e facciamo tappa a San Brizio dove nella sua suggestiva chiesa e’ conservato uno dei capolavori massimi della pittura in Umbria in epoca rinascimentale: la Pala di Jacopo Siculo del 1542. Ma andiamo con ordine.
Percorrendo la via tuderte, nella piana del Clitunno, la frazione si trova a sei chilometri dalla città ducale. In origine fu un insediamento romano, come testimonia materiale lapideo, colonne ecc sparse un po ovunque sia nel tessuto architettonico cittadino che rupestre. Emblema e’ la chiesa romanica con il suo svettante e massiccio campanile guglia. Qui si sviluppò uno dei focolai del primo cristianesimo spoletino e umbro. L’ abitato, fin dall’ origine emerse attorno a questa chiesa. Fu un castello assoggettato a Spoleto sia da Federico II nel 1241, che da il Cardinale Capocci nel 1247.
La sua consistenza di difesa bellica si ebbe nel 1378 quando furono innalzate le mura, viste le continue scorrerie sia dei ghibellini di Spoleto che delle compagnie dei brettoni e di Barbiano. Nella piana infatti si effettuarono alcune battaglie come quella del 3 luglio del 1310 tra lega guelfa e ghibellini spoletini. Questi ultimi erano guidati dal Conte Abrunamonte II di Chiavano e dal Vice rettore Pietro Oliva, ma non ebbero una vittoria piena, mentre i guelfi fuggirono per Todi, proseguendo la battaglia. Altro scontro il 25 febbraio del 1312 questa volta, vinsero i guelfi portando la sottomissione di Spoleto a Perugia per circa quaranta anni. Il 18 febbraio del 1440, il cardinale Vitelleschi ordinò che anche San Brizio come gli altri castelli della zona di Trevi, eretti negli ultimi sessanta anni, diventassero ville aperte. Il nome della frazione si deve a un profugo dalle persecuzioni in Siria, Brizio venuto a Spoleto insieme ad alcuni suoi amici di fede e parenti. Attorno a lui La cosidetta legenda Sancti Brixi del VIII secolo. La primitiva cripta e scomparsa; ne rimane a testimonianza un frammento di capitello. Ma un rifacimento venne eseguito nel IX – X secolo quando, fu edificato un oratorio, mentre la chiesa attuale, e’ del XII secolo, riutilizzando molto materiale di epoca romana: alla base del campanile e muri esterni. Il portale e’ del 1592 rinascimentale dei lombardi. Figura una bifora originale in facciata.
La chiesa al suo interno, in apparenza monumentale, si presenta a tre navate divisa da colonne e pilastri. Gli archi ogivali, danno un senso di ampiezza e profondita’. Sull’ arco trionfale una bifora simile a quella in facciata. La cripta a quattro navate presenta interessanti reperti e materiale di spoglio. L’ urna con le reliquie di San Brizio e’ posta sotto l’altare. Sulle pareti della chiesa frammenti di affreschi del 1430 raffiguranti: San Sebastiano; Madonna col Bambino tra Sant’ Antonio abate; nella parete di destra i Santi Sebastiano, Gregorio, Brizio. Sulla parete di sinistra i Santi Giacomo e Antonio Abate; Madonna col Bambino affreschi, anche questi da risalire al XV secolo. Una tela di Gerolamo Troppa del XVII secolo raffigura la Madonna col Bambino, San Giuseppe Sant’ Anna, San Francesco e San Bonaventura. Altra tela e del XVII secolo raffigurante il processo e condanna a San Ponziano. Gli affreschi raffiguranti i quattro Profeti e Evangelisti sono del Maestro di Eggi. La tela raffigurante Sant’ Antonio Abate e’ della scuola del Guercino. Il fonte battesimale e del 1540. Nell’ abside abbiamo il top dell’ Arte umbra espressa nella tavola raffigurante la Madonna col Bambino tra San Giuseppe e San Brizio di Giacomo Santoro da Giuliana detto Jacopo Siculo: Luigi Fausti lesse il nome e la data Jacobus Siculus faciebat 7 iunii 1542. Scritta che oggi sembra essere scomparsa. San Giuseppe assistito dall’angelo e’ singolare. Il dipinto fu commissionato da Bartolomeo Racani D. BARTOLOMEVS RACANVS DE SPOLETO AERE SUO. Lo stemma sei Racani e posto sulla stola di san Brizio raffigurante appunto un Ramarro (racano). Al Siculo sono attribuiti anche le due sibille.