PERUGIA – Fontivegge è vivo. Tra via del Macello e via Settevalli, ogni pomeriggio e ogni sera ci si ritrova, isolati nei propri balconi, ma uniti nella convinzione che, si spera il più presto possibile, tutto quello che stiamo vivendo sarà solo un brutto sogno. Questo non significa che dovremo dimenticare tutto, anzi: già da ora i capisaldi di uno, dieci cento cambi di marcia cominciano a farsi largo nelle menti di molti. Ma non è ancora il momento e tra applausi a chi sta lottando in prima “linea” negli ospedali, rischiando a sua volta la vita, tra Mameli che ci ricorda che siamo uniti nella stessa sorte e che è il momento di lottare insieme, tra musica dance e una voce squillante che usa un potente sistema di amplificazione, i palazzi del perimetro di via del Macello che si affacciano sul parcheggio, si popolano di luci e di balli, di grida all’unità, nel segno della resistenza. E’ anche così che Fontivegge che campeggia sui titoli dei quotidiani locali, online e cartacei, perché è ormai quasi di moda, o meglio, perché ormai è diventato un “logo” da spendere per attirare l’attenzione del grande pubblico e l’indicizzazione dei motori di ricerca, si ribella allo stigma che ormai tutti gli hanno affibbiato: luogo incerto tra spaccio di droga e prostituzione. Non che non manchino di questi casi, ma al momento appare più luogo di inclusione sociale che di emarginazione. E’ bello, del resto, accertare che tra chi canta l’inno di Mameli c’è anche chi questa città, questo quartiere, lo vive per necessità proveniente da lontano, ma deciso a condividere con gli altri questi momenti di piccola festa per rinsaldare la compattezza di una vera “resistenza”. Non contano barriere e confini, non è importante la provenienza di ognuno degli abitanti del quartiere. In quei momenti, 15-20 minuti in tutto, è rilevante il fatto che “siamo – tutti – figli delle stelle” come cantava Alan Sorrenti, riproposto agli spettatori dei balconi. Condivisione che si propaga per contrastare il maledetto Coronavirus.