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A Foligno fino al 16 marzo una pedalata nella storia con le bici più belle dall'origine a oggi

Bici in mostra

FOLIGNO – Guardarle evoca una sorta di romanticismo, pensando alle strade che hanno percorso in un’Italia estremamente diversa da quella che conosciamo oggi, ma tutto in nome di un’irrinunciabile voglia: la libertà di muoversi. E così la bicicletta con la sua storia e le sue evoluzioni tecniche diventa la protagonista di una mostra che a Foligno si inserisce nel vasto cartellone degli eventi a contorno della Tirreno-Adriatico 2019, che proprio nella città della Quintana ha riservato l’arrivo della terza tappa venerdì 15 marzo e il giorno successivo, sabato 16, la partenza della quarta tappa.
Affascinanti dunque, al punto che sfiorandole sembra quasi di avvertire nell’aria le note di “Coppi” di Gino Paoli, o “Bartali” nelle due versioni di Paolo Conte e Enzo Jannacci, o piuttosto Francesco De Gregori che ha dedicato il suo talento a Costante Girardengo. Quindici biciclette d’epoca, parte della collezione privata di Gabrio Spapperi, esperto e collezionista di bici da corsa, sono state messe a disposizione del Panathlon Club Clitunno per la mostra “La bicicletta nella storia. Evoluzione tecnico-sportiva e popolare del ciclismo nei tempi” allestita nel foyer dell’ex Teatro Piermarini, in corso Cavour. La curiosità, come è facile intuire, è tantissima: a partire dalla Draisina, la prima prima “bicicletta” inventata dal barone tedesco Von Drais nel 1818, ottenuta attraverso la modifica del “celerifero”, un tronco collegato a due ruote di carretto, aggiungendogli lo sterzo. Ben lontana dall’introduzione dei pedali, arrivati solo successivamente, la Draisina per movimentarla occorreva “pattinare”. Ma c’è anche la francese Michaudine del 1861, la prima bicicletta con pedali e ruote in legno cerchiate in ferro: la sua particolarità era quella di avere la ruota anteriore maggiore della posteriore perché essendo motrice (in quanto vi era inserito il pedale) per ottenere una certa velocità doveva avere una circonferenza ampia, mentre la ruota posteriore serviva soltanto per stabilizzare il velocipede.

Muoversi tra le bici esposte, apprezzarne i dettagli costruttivi e pensare a quanto l’uomo sia ingegnoso, è il risvolto più bello di questa mostra. Come nel caso del modello da corsa Maino Girardengo del 1923 con il sistema “giro ruota”, cioè il mozzo posteriore dotato di un pignone per parte, con il numero dei denti diversi in modo che girando la ruota si aveva la possibilità di adeguare la pedalata alla pianura (meno denti) o alla salita (più denti). Da qui in poi iniziano a comparire, al posto della borsetta portastrumenti sul manubrio, anche le borracce, in genere in coppia per la difficoltà di rifornimenti dell’acqua. Infine un pezzo di storia: la bici dei nostri Bersaglieri, un modello Bianchi utilizzato tra il 1925 e il 1934 e nel caso specifico con l’uso militare nel ’38: lume a carburo, ruota fissa, maschera antigas, gavetta, tromba e fez. Pieghevole e ammortizzata in tre punti, è stata l’antesignana della “Graziella” e delle Mtb; quelle degli ufficiali avevano persino il portasciabola invece del portafucile (un moschetto modello Carcano 91 Ts). Insomma questa mostra folignate del Panathlon è una bella pedalata nella storia, in una città dove si parla di ciclismo già dal 1889, quando per la prima volta si pensò di organizzare al Parco dei Canapè gare di velocità e resistenza organizzate dal “Veloce Club”, fondato nello stesso anno. L’esposizione può essere visitata fino al 16 marzo (aperta dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 20).
 
 

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