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A Filippo Timi consegnato il Premio Gian Maria Volonté

Nella foto Filippo Timi con il Premio Gian Maria Volonté. Si è infatti conclusa all’isola della Maddalena ieri, domenica 30 luglio, la ventesima edizione de La Valigia dell’Attore che ha tributato all’attore perugino il prestigioso riconoscimento.

Nella mattinata, negli spazi dei Magazzini Ilva, Timi è stato protagonista dell’incontro con il pubblico coordinato dai critici Fabio Ferzetti e Boris Sollazzo che con lui hanno esplorato alcuni dei passi salienti della sua versatile carriera declinata al teatro, al cinema e alla scrittura. Nella serata precedente alla fortezza I Colmi, Timi ha ricevuto l’ambito riconoscimento dalle mani di Giovanna Gravina Volonté direttrice artistica del festival insieme a Boris Sollazzo Fabio Ferzetti.

“Nella mia esperienza di attore – racconta Timi – ho imparato molto anche sulla vita reale, sul saperla leggere anche durante la finzione di un set cinematografico. Una circostanza che contempla anche una dose d’imbarazzo: ed è in quel frangente che può uscire fuori qualcosa di forte e di credibile. Ricevere questo premio mi dà una gioia indicibile, perché Volonté, il più grande a mio parere, è stato con la sua grandezza un attore ingiudicabile. Per molti noi è un riferimento imprescindibile, e quel suo dolore nello sguardo, una guida”.

LA MOTIVAZIONE

La motivazione che i giurati hanno elaborato per il premio a Timi recita così: “Se c’è un’idea con cui abbiamo dovuto fare i conti in questi anni è quella di identità. Se c’è un interprete che ci ha aiutato a capire come questo concetto stava cambiando è Filippo Timi. Il più versatile, il più molteplice, il più spericolato, dunque il più capace di rimettersi in discussione fra tutti i nostri grandi attori. Attori-autori, mai formula fu più calzante. Dai film underground di Tonino De Bernardi, che oltre a interpretare sceneggia, a Saturno contro di Ozpetek, in cui è uno dei personaggi più fuori schema. Da Vincere di Marco Bellocchio, in cui è prima un giovane Mussolini poi il suo sfortunato figlio Benito Albino, al padre problematico di Le otto montagne (di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermersch), centro occulto del film. Fino all’altro padre, stavolta sposato con un altro uomo, di Il filo invisibile di Marco Simon Puccioni, Timi non ha mai smesso di interrogarsi e interrogarci. Aggiungendo non a caso al suo lavoro d’attore una copiosa produzione di libri, scritti il primo con Edoardo Albinati (Tutt’al più muoio), poi da solo (E lasciamole cadere queste stelle, Peggio che diventare famoso). E senza mai smettere di fare teatro, in una bulimia interpretativa che è l’altra faccia di un lavoro di ricerca continuo, sviluppato anche in ambito poetico e filosofico. Orfeo e Don Giovanni, Danton e Cupido, Satana e Woyzeck, Amleto e Odino, sono solo alcuni dei grandi personaggi a cui Timi ha dato vita in scena, dandone ogni volta un’interpretazione nuova e spiazzante. Fino a Mrs. Fairytale, casalinga americana anni 50, protagonista di un film scritto ancora una volta dallo stesso Timi, Favola, e diretto da Sebastiano Mauri. Un vero e proprio Ufo nel nostro cinema spesso ripiegato sulle formule più consolidate, e una di quelle prove di bravura che ogni attore sogna. Vale la pena ricordare la storia poco nota di Gian Maria Volonté, che sentendosi proporre da Carlo Lizzani un ruolo nel suo Mamma Ebe rispose “D’accordo, il film lo faccio, però il ruolo di Mamma Ebe spetta a me”. Purtroppo non se ne fece nulla, Lizzani se ne sarebbe pentito più volte pubblicamente. Oggi. anche grazie a Timi, chissà come sarebbe andata a finire”.

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