A Città della Pieve il Monastero dei record: festeggiate tre ultracentenarie

PERUGIA – Hanno attraversato quasi un secolo di storia dedite alla preghiera e alla contemplazione all’interno del Monastero di S. Lucia delle sorelle clarisse, a Città della Pieve.
In questo luogo di fede dove ancora oggi confluiscono sorelle da ogni parte d’Italia e non solo, si sta registrando un vero e proprio record di longevità. Al suo interno sono infatti vivono tre ultracentenarie: suor Giuseppa Zanette, che proprio ieri, 11 marzo, ha compiuto 105 anni, suor Maria Eletta Fortunati e suor Maria Lilia Fortunati, di 101 anni, prossime ai 102.
Sono le tre decane della comunità, una per ogni dieci sorelle. Come altre della loro generazione, provengono da due zone d’Italia che avevano ridato vita al monastero, sofferente nei primi decenni del Novecento di una crisi vocazionale: il Veneto e la Toscana. La più anziana di età non è la più anziana di ingresso: il primato spetta a suor Maria Eletta, che lo scorso gennaio ha varcato la soglia del 90° anno di monastero, essendo entrata nel 1930.
Queste sorelle, che tra il 1930 e il 1937 entrarono in 25, con la loro fedeltà silenziosa e tenace hanno attraversato quasi un secolo di storia: testimoni dei duri anni della guerra, in cui il monastero divenne punto di riferimento per tante persone che vi trovavano conforto e condivisione dei pochi beni a disposizione; dell’epoca del dopoguerra, segnata anche in monastero dalla ricostruzione, a costo di tanti sacrifici; del tempo del Concilio Vaticano II, che portò rinnovamento e qualche cambiamento anche nella vita monastica; degli anni successivi in cui ebbero la gioia di vedere fiorire nuovamente la comunità con l’arrivo delle vocazioni per cui tanto avevano pregato.
Il Monastero pievese delle clarisse è stato fondato nel 1252, quando era ancora in vita Santa Chiara d’Assisi, che delle clarisse è madre e guida. Le sorelle che compongono la comunità sono trenta, aggregate in santa unità, ma diverse per personalità, per provenienza geografica e per età: l’arco generazionale si estende dai 32 ai 105 anni.
Ancora oggi in questo scrigno di fede e di vita in Cristo, posto nel cuore dell’Italia, confluiscono sorelle da ogni parte d’Italia, e non solo: attualmente c’è una sorella romena, un’inglese e una polacca, in una ricchezza di accenti e di esperienze che non dividono, ma, al contrario, creano uno stupendo amalgama.
Tornando alle ultracentenarie, di suor Giuseppa resta viva l’immagine di lei sempre presente in sacrestia, intenta a stirare i paramenti sacri con una precisione insuperata, oppure in chiostro a coltivare con passione i fiori che poi avrebbero ornato l’altare. Qualcuno dei pievesi ricorda ancora la cortesia di suor Maria Lilia in portineria, o conserva tra la dote della nonna qualcuno degli splendidi ricami che hanno riempito case e soprattutto chiese. E forse più di qualcuno tra gli anziani non dimentica suor Maria Eletta, che per quasi 40 anni è stata alla guida della comunità ora come abbadessa ora come vicaria. Rimane incalcolabile la quantità di biscotti fatti in casa che con un largo sorriso accogliente offriva generosamente a chiunque arrivasse al monastero.
Suor Giuseppa, suor Maria Eletta e suor Maria Lilia, pur non prendendo più parte attivamente alla liturgia e ai vari momenti della vita monastica, sono tuttavia sempre “sintonizzate” con le altre sorelle sulla stessa lunghezza d’onda della preghiera e dell’offerta di vita: dimorano in infermeria, una zona protetta del monastero, un nido di cure e di attenzioni, amorevolmente accudite da tre sorelle infermiere che si alternano settimanalmente; e per tutte le altre è una gioia e una santa abitudine andarle a visitare di frequente, soprattutto la domenica.
Le tre sorelle centenarie sono insomma la memoria storica del monastero: le loro giaculatorie, le frasi della Scrittura, i canti soprattutto mariani, rimasti impressi nel loro cuore, oltre che nella loro mente, vengono ascoltati e conservati dalle altre sorelle come un tesoro prezioso, un’eredità che va custodita con cura e trasmessa, se possibile, alle generazioni di monache che verranno.

Redazione Vivo Umbria: