PERUGIA – Giovedì 4 novembre si è svolto il secondo appuntamento della stagione invernale del Jazz Club Perugia.
Dopo il concerto di Jaques Morelenbaum e Fred Martins dello scorso 22 ottobre è salito sul palco della Sala Raffaello dell’Hotel Sina Brufani il pianista Christian Sands con il suo trio.
L’americano è tra i protagonisti della scena jazz contemporanea e si è già affermato come uno dei talenti della sua generazione tanto che il trombettista Wynton Marsalis lo ha da tempo definito una stella del jazz del futuro.
Ha fatto parte della big band e poi del trio del contrabbassista Christian McBride e preso parte all’album “Coming of age” di un altro contrabbassista, Ben Williams; ha inoltre collaborato con Gregory Porter ed il batterista Ulysses Owens.
Malgrado abbia soltanto 32 anni incide a proprio nome dal 2002; recentemente ha pubblicato tre album per l’etichetta Mack Avenue: “Reach” nel 2017, “Facing dragons” e “Be Water” lo scorso anno.
Anche in questa occasione si è registrato un sold-out e ciò è molto importante come segno di ripartenza.
Introdotto brevemente da Manuele Morbidini, il pianista ha anzitutto presentato la formazione: il fratello Ryan Sands alla batteria ed il contrabbassista siciliano Marco Panascia.
Il concerto ha quindi preso il via con lo standard “Stella by starlight” di Victor Young; quella presentata è stata una lunga e bella versione con il piano solo nella prima parte.
Quindi Sands ha interpretato la title track dell’ultimo album “Be water”. Il pianismo del giovane americano, molto nervoso e ben coadiuvato dalla ritmica, a mio parere ricorda lo stile di Ahmad Jamal; da questo brano è iniziato l’uso di una piccola serie di effetti elettronici, grazie ad un tablet posto sopra al pianoforte.
Ancora un brano dall’ultimo album; questa volta è “Crash“, sempre con sonorità energiche, mentre in “Blues on the corner” si sono apprezzati i contributi solistici di Ryan Sands alla batteria e di Panascia al contrabbasso.
Caratteristica del set è sato l’inserimento di frammenti tratti da brani altrui; a tal proposito, meritevole d’ascolto è senza dubbio il primo lavoro del pianista “Footprints” del 2002, dove giovanissimo interpreta, tra gli altri Herbie Hancock, Wayne Shorter, Charlie Parker e Dizzy Gillespie, davvero un bell’esordio.
Parte finale con prima “The star crossed lovers” di Duke Ellington dove è presente ancora un moderato uso dell’elettronica ed un bell’assolo di contrabbasso, poi una versione della celebre “Can’t find my way home” dei Blind Faith resa quasi del tutto irriconoscibile, ma molto affascinante.
Il bis è ancora per uno standard ed “Autumn laeves” è perfetto per concludere un ottimo concerto.
Prossimo appuntamento il 15 novembre con il quartetto del chitarrista Peter Bernstein.
Le foto della serata sono di Enrico Tomassini