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Umbria Jazz gioca al rialzo rispetto a Jazz in August, ma al ribasso rispetto a Barcellona

PERUGIA – Ma è un gioco al rialzo o al ribasso? Dipende dai punti di vista. Sicuramente al rialzo se confrontato a quello dello scorso anno quando Jazz in August (quattro giorni di concerti in piazza IV Novembre) definì il quadro del possibile in un periodo durante il quale la pandemia sembrava aver ceduto al lungo lockdown dei mesi precedenti. Rispetto a Jazz in August il programma previsto per l’edizione di 2021 prevede sì il ritorno all’arena Santa Giuliana e al teatro Morlacchi (piazze escluse), ma nell’ambito del distanziamento personale. Se l’arena a pieno regime può accogliere un pubblico di circa cinquemila spettatori, le misure anti-Covid da rispettare potranno consentire un afflusso molto minore in termini numerici. Dunque, il ritorno all’arena rientra nell’ambito di quello che abbiamo definito gioco al rialzo, se non fosse che la prospettiva da cui si guarda potrebbe radicalmente cambiare se raffrontato a quella dello scorso 27 marzo a Barcellona. Al palazzetto di Sant Jordi infatti si è svolto il primo grande concerto dall’inizio della pandemia da coronavirus nel paese. Circa 5mila persone si sono riunite per vedere la band pop-rock catalana Love of Lesbian: con l’obbligo di mascherina ma senza distanziamento fisico e dopo essere risultate negative a un test antigenico svolto nella stessa giornata. Costo dell’operazione 50 mila euro, ma i risultati sono stati quanto mai incoraggianti se è vero che soltanto sei giovani sono risultati positivi dopo il test antigenico. Sei spettatori che hanno dovuto rinunciare al concerto, ma che rappresentano una percentuale infinitesimale rispetto al totale delle 5 mila persone, tutte dotate di mascherine ffp2, che hanno preso parte al primo evento rock in era pandemica. Ed ecco che si fa avanti il dubbio di un’Umbria Jazz al ribasso nei termini del paragone con quanto accaduto a Barcellona. Cinquemila persone è il totale della capienza dell’arena Santa Giuliana e forse con un minimo di coraggio in più anche il festival umbro avrebbe potuto adottare sistemi di monitoraggio e controllo sui contagi da covid simili a quelli di Barcellona. Certo, i problemi non sarebbero stati di così facile risoluzione, ma forse sarebbe valsa la pena di tentare, almeno per uno dei dieci concerti serali previsti da Uj. Anche perché l’eco mediatica che avrebbe ottenuto Umbria Jazz, Perugia e l’intera regione avrebbe ripagato in termini di visibilità gli sforzi organizzativi e finanziari. Il gioco al ribasso e al rialzo rimane dunque in un equilibrio piuttosto precario se è vero che in serata il presidente della Fondazione Umbria Jazz Gian Luca Laurenzi ha escluso qualsiasi ipotesi di evento in stile Barcellona soprattutto per i costi che presupporrebbe un’operazione simile e affermando che da uno studio dell’Agis (Associazione italiana spettacolo) condotto sulla misurazione della temperatura corporea sugli spettatori di Jazz in August dello scorso anno, non sarebbe risultata positiva neanche una persona. Come dire: inutile spendere soldi se le circostanze tutto sommato appaiono favorevoli.

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