Un campione di 1.798 lavoratori della cultura per un sondaggio che da un lato fotografa come è cambiato il lavoro durante la pandemia, dall’altro è da far valere sia a livello di dibattito pubblico che politico. I promotori appartengono all’associazione “Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali”. Dall’indagine emerge chiaramente che c’è una consistente percentuale di operatori del settore che non sta ricevendo sussidi, altri a cui arrivano spesso sostegni insufficienti, molte realtà che temono di chiudere.
“La retorica dei sussidi e degli aiuti non basta – ha spiegato Mi riconosci nella conferenza stampa di presentazione – e non solo perché da un anno questi non sono arrivati a migliaia di persone, ma perché il settore ha bisogno di una prospettiva seria”.
IL CAMPIONE DEL QUESTIONARIO
L’indagine è stata condotta con un questionario sottoposto ai lavoratori: sono state ricevute 1.798 risposte.
Il 9,3% degli intervistati ha tra i 19 e i 24 anni, il 30,6% tra i 25 e i 30, il 21,7% dai 31 ai 35, il 13% dai 36 ai 40, l’8,9% dai 41 ai 45, il 5,5% dai 46 ai 50, il 5,2% dai 51 ai 55, il 3,7% dai 56 ai 60 e il 2,1% dai 61 ai 65 anni.
IL QUADRO LAVORATIVO
Degli intervistati, oltre il 70% aveva già un lavoro prima della pandemia mentre il restante 30% è composto da chi sta cercando un lavoro o da chi studia: di questi ultimi però solo il 30,7% ha mantenuto il lavoro che aveva prima della pandemia esattamente come prima. Il 19,8% infatti lo ha mantenuto in parte, il 23,1% in maniera intermittente, e il 26,5% lo ha perso.
Il 32,5% di chi ha lavorato, lo ha fatto in parte in presenza, in parte con sussidi; il 30,2% in parte in presenza, in parte in smartworking; il 17,2% in presenza; l’8,7% non ha svolto attività lavorative e ha percepito sussidi, il 6,6% ha lavorato solo in smartworking, il 4,7% in parte in smartworking e in parte con sussidi. Più della metà di coloro che hanno lavorato in smartworking ha lavorato più del dovuto: il 56,2% infatti dice che reputa che il compenso non corrisponda alle ore di lavoro svolte (il 23,7% ha lavorato in smartworking per il compenso percepito, e c’è anche un 20,1% che ammette di aver lavorato di meno).
FIDUCIA NEL FUTURO
Il 42,3% di coloro che hanno risposto al questionario si dice fiducioso e ritiene che dopo il Covid tornerà a lavorare a pieno regime ma il 29,7% specifica invece che tornerà alle attività precedenti con una riduzione del monte ore; il 11,4% teme che terminerà il proprio impiego, e un 16,6% che teme di perdere l’impiego quando ci sarà lo sblocco dei licenziamenti.
Per il 35,7% degli intervistati, il proprio lavoro nei beni culturali non è sufficiente per vivere, mentre per il 31,1% è appena sufficiente.
I SUSSIDI DELLO STATO
Per quanto riguarda i sussidi percepiti da chi ha mantenuto il lavoro, il 4,1% si ritiene soddisfatto a livello 10 in una scala che va da 0 a 10. La stragrande maggioranza (il 67,2%) ritiene che i sussidi siano stati insufficienti con il 20,2% che ha votato zero e il 13,9% che ha votato 5. Chi ha perso il lavoro nel 47,2% dei casi non ha ricevuto sussidi, sostegni invece per il 24,5% di chi si è ritrovato disoccupato.
Il 17,7% ha trovato lavoro in un altro settore, mentre il 4,6% ha trovato lavoro nello stesso settore ma a condizioni peggiori ma un 6% invece lo ha trovato lavoro nel settore culturale a condizioni migliori.
L’insoddisfazione nei confronti dei sussidi cresce tra quanti hanno perso il lavoro: il 79,5% li ritiene infatti insufficienti e il 38,7% vota zero in una scala di soddisfazione sempre figurata da 0 a 10.
Il questionario ha riguardato anche le persone in cerca di lavoro con il 79,4% che ha almeno un titolo di studio universitario: di questi, il 40,4% ha cercato lavoro ma non lo ha trovato, il 33,6% non lo ha neppure cercato, il 12,2% lo ha trovato in un altro settore e solo il 13,8% ha trovato lavoro nel settore culturale. Per quanto riguarda chi ha trovato lavoro, nel 69,5% dei casi si tratta di un impiego insufficiente per vivere, è sufficiente solo nel 7,4% dei casi.
RIFORMA DEL SETTORE
Come detto, l’associazione “Mi Riconosci? Sono un professionista dei beni culturali” confida che il dibattito pubblico e quello politico possano essere attivati proprio in corrispondenza della attesa ripresa delle attività culturali che viene percepita con una sostanziale ma misurata fiducia. Soprattutto si evidenzia la necessità di un ripensamento strutturale che regolamenti il comparto: il 37% vede possibilità di un futuro per i beni culturali ma solo con una riforma strutturale del settore, mentre per il 41,9% c’è un futuro in chiaroscuro. Solo lo 0,9% ritiene che siamo sulla strada giusta, mentre il 20,3% non vede prospettive.
Foto di copertina: tg24.sky.it