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Noa rivisita “My Funny Valentine” perché con “l’amore si guarisce”. Intervista alla cantante israeliana

PERUGIA – L’hanno eseguito in splendide e struggenti versioni, tra gli altri, Miles Davis, Chet Baker e Frank Sinatra. Uno splendido brano d’amore in cui viene citato anche il San Valentino’s Day. Ripreso ora da Noa insieme all’inseparabile Gil Dor, My Funny Valentine è stato scelto come singolo per promuovere il nuovo album del duo israeliano. Uscito lo scorso 12 febbraio su tutte le principali piattaforme digitali della musica il nuovo singolo di Noa, lo standard del jazz rappresenta il suo desiderio di comunicare al mondo l’Amore, necessario, indispensabile e insostituibile specialmente in questa fase critica della storia degli esseri umani. My funny Valentine è il primo singolo ad anticipare l’album Afterallogy, realizzato nel suo studio in epoca pandemica insieme al chitarrista Gil Dor, col quale collabora da oltre trent’anni. “Questa è in assoluto la mia canzone preferita – afferma Noa – credo di averla eseguita centinaia di volte fin dal primo giorno della mia carriera ed è incredibile come ogni volta che la canto scopro qualcosa di bellissimo in essa, come i sentimenti e il modo speciale in cui è stata scritta. Credo inoltre che sia un brano molto rilevante per i nostri tempi: oggi ognuno lavora per essere artificialmente perfetto e adeguato in una società che si basa esclusivamente sull’apparenza; questa canzone invece sembra ripetere ‘Ti amo per quello che sei e perché interessa quello che c’è dentro di te’. Si tratta dell’amore puro e vero”.

My funny Valetine parla di un amore sincero. Quanto conta la sincerità in un musicista?

 

“La sincerità – risponde Noa – è tutto”.

La pandemia ci ha costretti a stare a distanza, perché l’amore può guarirci anche dal Covid-19?

 

“L’amore è la miglior medicina che conosco”.

Sono passati trent’anni da quel primo album prodotto da Pat Metheny: cosa si prova a tornare indietro nel tempo così a lungo? Quali sono i migliori ricordi e le migliori emozioni che le vengono in mente?

 

“Non mi piace guardare indietro, guardo solo avanti. Afterallogy sta chiudendo un cerchio, e ne sta aprendo un nuovo. Gil e io siamo stati benedetti. Afterallogy è in sintesi la nostra prima registrazione jazz. Io e Gil lavoriamo insieme da 30 anni. Ci siamo incontrati alla Rimon School of Jazz and Contemporary music in Ramat Ha Sharon nel 1989. Gil è stato il co-fondatore della scuola, il direttore accademico e un musicista ed educatore altamente rispettato, fluente in miriadi di stili, ma specializzato in jazz. Io ero un’aspirante cantante e cantautrice di 20 anni, e mi ero recentemente trasferita in Israele negli Stati Uniti, ho completato il servizio militare in una banda militare e venni a Rimon in cerca di istruzione e collaborazione. Fui immediatamente etichettata come “cantante jazz” a causa della mia competenza in inglese, delle mie naturali capacità di improvvisazione e della mia connessione innata con “The American Songbook”. Nata in Israele da una famiglia yemenita e cresciuta a New York fino all’età di 17 anni, il jazz è parte della mia identità, naturale come le mie radici yemenite ed ebraiche.
Afterallogy è un altro passo dell’affascinante viaggio con Gil, abbiamo adottato il linguaggio musicale che abbiamo sviluppato in anni di esperienza, al servizio di questi grandi, classici brani jazz, e ne abbiamo aggiunti anche alcuni originali.

 

Il titolo dell’album, oltre a rendere omaggio ai grandi che li hanno ispirati (Charlie Parker “Ornithology”), è una dichiarazione sulla vita e la musica, esacerbata dalla crisi Covid 19: dopo tutto è detto e fatto, dopo 30 anni, dopo una pandemia che ha frantumato, scosso e spogliato il mondo, dopo migliaia di chilometri percorsi e molte altre migliaia di note suonate e cantate, cosa rimane?

 

“Un amore profondo e il rispetto per la grande musica e la grandezza nella musica, un amore profondo per l’umanità che da essa viene vivificata ed elevata ed illuminata in chiunque viva esperienze. Un profondo apprezzamento per il dono dell’amicizia… per una collaborazione unica, per il potere e la risonanza che ci ha portati e tenuti insieme tutti questi anni”.

 

San Valentino è il santo degli innamorati. A Terni, in Umbria, sono conservati i resti. Perché non venire a Terni a cantare la sua versione di “My funny Valentine?”

“Mi piacerebbe venire a Terni, appena possibile”.

Lei è golosa? Le piace il cioccolato?

“Mi piace il cioccolato fondente, molto scuro”.

L’Umbria è anche la regione della dolcezza dei Baci Perugina, deliziosi cioccolatini con cartigli di famose frasi d’amore. Se venisse in Umbria ne avrebbe una grande quantità (sto cercando di prenderla per la gola…).

Noa ride divertita

Pensa che la sua musica e quella di Gil siano cambiate con la pandemia? Pensa che questo stato di sofferenza aumenti la sua dolcezza e il suo pathos nella comunicazione?

 

“La pandemia ha creato una situazione in cui nessuno sa nulla, c’è un grande stato di confusione e il “vecchio ordine mondiale” sembra essere crollato. In tal caso, perché non fare semplicemente quello che amiamo, quello che siamo bravi a fare? Perché non fare la musica che sentiamo che può guarire, ispirare ed elevare? È quello che abbiamo fatto io e Gil”.

Tutti abbiamo un amore, qualcuno che ci ama e forse anche qualcuno che ci odia. Ma forse anche l’odio viene ad insegnarci qualcosa. L’amore giapponese abbellisce con oro e argento le “ferite” inflitte agli oggetti, come a significare che quelle ferite sono state formate per insegnarci a capire la vita. In Giappone questa arte si chiama Kintsugi. La conosce? La condivide?

“Sono ben consapevole di questa filosofia e la trovo bella e profonda. Leonard Cohen ha scritto: “C’è una crepa in tutto, è così che la luce entra”.

Quale sarà la prossima avventura in musica? Sarà ancora con Gil? Qual è l’aspetto che vi unisce di più nel fare musica?

“Gil ed io pianifichiamo una seconda parte per “Afterallogy”. Sarà più libero, più improvvisato, un po’ più radicale”.

 

 

 

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