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Il Prog del Terzo Millennio #16: Witchwood, “Before the winter”

Nati nel 2014 dalle ceneri dei Buttered Bacon Biscuits per opera di Riccardo Dal Pane, i Witchwood hanno pubblicato il primo album, “Litanies from the woods” nel 2015, con riscontri e consensi tanto in Italia che all’estero.

La formazione comprende: Riccardo “Ricky” Dal Pane, voce, chitarra elettrica ed acustica, mandolino; Andrea “Andy” Palli, batteria; Stefano “Steve” Olivi, tastiere; Luca “Celo” Celotti, basso; Samuele “Sam” Tesori, flauto ed armonica e Antonino “Woody” Stella, chitarra solista.

Il sound del gruppo, con richiami agli anni ’70, spazia tra hard rock, folk e psichedelia e non disdegna una strizzatina d’occhio verso il prog. Il 2016 vede la pubblicazione dell’ep “Handful Of Stars”, che include tra l’altro due cover di Uriah Heep e Blue Öyster Cult oltre ad una versione estesa della suite “Handful Of Stars”, già presente nel disco d’esordio.

La copertina del nuovo lavoro, “Before the winter”

Nel mese di novembre dello scorso è invece uscito il nuovo lavoro, “Before the winter”, sempre per l’etichetta Jolly Roger Records come i precedenti; il gruppo prosegue nella ricerca di una linea personale, pur con evidenti riferimenti al passato; il tutto è ben centrato ed il risultato apprezzabile. Il disco è dedicato alla memoria di Ennio Morricone e si compone di nove tracce nella versione cd (in vinile, doppio, è presente come bonus track “Child Star”, cover dei T. Rex di Marc Bolan), tutte firmate da Riccardo “Ricky” Dal Pane.

Tra le più riuscite, anche se tutto il disco ha uno standard elevato, l’iniziale “Anthem for a child” con cui si entra subito nel suono che caratterizzerà tutto il lavoro; un robusto rock ma infarcito dalle sonorità del flauto che lo rendono, se possibile, più morbido e prog-oriented. La delicata “Crimson moon”, dalle atmosfere eteree grazie all’intreccio tra mandolino, chitarra acustica e flauto e “Nasdir”, strumentale che si avvale degli ottimi vocalizzi della soprano Natascia Placci, quasi un omaggio alle colonne sonore. La potente “Crazy Little Lover”, ancora una volta dall’incipit delicato che pian piano vira verso atmosfere rock blues con un bel solo di chitarra. Da ultimo “Slow Colours of Shade”, il brano più lungo, circa dieci minuti, che mescola con maestria i diversi generi fin qui proposti; un’ottima chiusura.

Un disco vario e piacevole per una formazione che merita attenzione perché prosegue il cammino di una proposta molto valida; appena si tornerà a suonare dal vivo sarà senz’altro interessante ascoltarli.

#stayprog

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