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Quei poveri “fastidiosi” e “ingombranti”: un problema tra pietà, legge e dignità

PERUGIA – Non c’è supermercato cittadino che non abbia il suo africano subsahariano in permanente stazionamento, dalla mattina alla sera, in attesa di un’elemosina da parte dei clienti; non c’è macchinetta per il pagamento del parcheggio senza il suo rom a dispensare consigli su dove mettere i soldi e ritirare il resto, chiedendo in cambio una piccola mancia. C’erano anche i nordafricani agli incroci, per pulire i vetri e vendere fazzolettini; un business reso fallimentare dall’invasione delle rotonde che hanno soppiantato i semafori. Si tratta di un piccolo esercito di uomini (raramente donne) in ciascuna città, evidentemente dotati di un’organizzazione alle spalle che li “gestisce” portandoli alla mattina e prelevandoli alla sera e che li protegge da concorrenti ed eventuali molestatori; il piccolo esercito va moltiplicato per ogni città italiana per mostrare il numero imponente di disgraziati, fuggiti a povertà e violenze per venire a elemosinare da noi; e l’organizzazione che li smista e protegge ha un nome e un cognome: si chiama “racket” e ha scopi e comportamenti malavitosi. Alla fine del 2020 è uscito il consueto Rapporto Immigrazione edito da Caritas e Migrantes, giunto alla XXIX edizione.

In Umbria – ci dicono i dati del Rapporto – risiedevano nel 2019 poco meno di 100.000 stranieri con regolare permesso, con un’incidenza sulla popolazione dell’11,2%. Queste persone vivono perlopiù in condizioni di grande povertà (27% dei migranti contro il 6% di italiani in povertà assoluta – dato nazionale) e sono in Italia, per la maggior parte, per ricongiungersi con la famiglia (51% per gli immigrati umbri) e solo in seconda battuta per il lavoro (40%); questi due dati sono da leggere in questo modo: la povertà è il motivo principale per le prime ondate di maschi, seguite successivamente da mogli e famiglie. Ma questi sono migranti regolari, con permesso di soggiorno o la concessione di un asilo politico. E gli irregolari? Fra il 2017 e 2019 sono giunti in Italia 154.210 immigrati considerati – dal nostro ordinamento – “clandestini” (Fonte: Ministero dell’Interno). Solo gli sbarchi stanno continuando anche in piena emergenza Covid, stando ai dati di queste ore che segnalano 1.758 arrivi fra il 1° gennaio e l’8 febbraio 2021, esattamente lo stesso numero riferibile allo stesso periodo dell’anno scorso (1.751) con la pandemia Covid non ancora conclamata e assai di più del 2019 (202) (Fonte: Ministero dell’Interno). Ovviamente le fonti ministeriali tengono conto degli irregolari accertati; quelli reali sono molti di più e possono essere oggetto solo di stime, prodotte generalmente da associazioni e ONG specializzate, che calcolano essere, probabilmente, circa 600.000 persone in tutta Italia; applicando i parametri dei regolari agli irregolari, potremmo quindi supporre che di questi almeno 10.000 vivano nella nostra Regione. Torniamo all’accattonaggio, un destino di una parte significativa di quei 10.000 immigrati. I problemi che dobbiamo porci, come cittadini, sono almeno due: il primo è la pietà; queste persone sono storie, sono sofferenze, sono vicissitudini spesso inenarrabili, fughe da guerre e da miseria per ritrovarsi in balia di racket di caporali che li avviano in tunnel senza uscita di sfruttamento agricolo, di spregiudicati che con l’inganno e la violenza costringono le donne alla prostituzione e infine sfruttatori dell’altrui carità che costringono all’accattonaggio. Oltre la pietà c’è poi il problema dell’ordine pubblico; sono noti a tutti i cittadini i luoghi dello spaccio controllato da certe nazionalità africane, quelli della prostituzione controllata da altre nazionalità e così via; e gli accattoni operano in pieno
giorno, indisturbati e in barba alle leggi.

Dovrebbe procurare un senso di fastidio il fatto che a parte poche associazioni di volontariato, per lo più cattoliche, le autorità civili non riescano a porre mano alla situazione, salvo compiere, saltuariamente, qualche blitz eclatante. I problemi che impediscono una soluzione efficace al problema sono di tre ordini: 1) l’ondata delle migrazioni non è un fenomeno transitorio ma in crescita, e inarrestabile; finché le autorità centrali non lo assumono come tale, non si troverà mai alcuna soluzione; 2) è assolutamente lecito, e giusto, che una Nazione controlli i suoi confini e regoli l’immigrazione in entrata, ma deve farlo con leggi intelligenti e mezzi adeguati, due cose che mancano in Italia e, soprattutto, deve farlo con umanità e nel rispetto della dignità umana; 3) l’elemento repressivo, come ultima ratio, e quello giudiziario in generale, devono essere chiari, certi, efficaci; ma com’è noto, per una serie di ragioni legate al nostro ordinamento e ai mezzi disponibili, così non è; e onestamente la polizia ha ben altro da fare che non reprimere i poveri disgraziati che stazionano davanti ai supermercati. Quegli accattoni non sono persone furbe che senza far nulla guadagnerebbero fortune (secondo il parere di persone poco avvedute che commentano comodamente sedute dal bar dirimpetto); sono persone sfruttate, alle quali è stata sottratta ogni dignità, che stazionano per molte ore a fronte di pochi spiccioli che andranno parte al racket, parte – se resta – alla famiglia in patria; sono persone esposte alle malattie e al Covid, senza alcuna protezione e tutela. Sono fastidiosi? Forse sì; ma poniamoci un’ultima domanda: sono loro, ad essere fastidiosi, o è fastidiosa un’Autorità incapace di risolvere il problema?

Claudio Bezzi

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